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release  1
pubblicata il  29 ottobre 2013 
Da Marina Di Luca
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Congresso

IL CONTROLLO DEL FOSFORO NELL’INSUFFICIENZA RENALE DALLA FASE CONSERVATIVA ALLA DIALISI: QUALI STRATEGIE?

I Sessione - Moderatore: G.M. Frascà

Fosforo e Insufficienza Renale Cronica: intervenire come e quando

Figura 1 di 35.



Figura 2 di 35.



Figura 3 di 35.

Alle tre fasi tradizionalmente riconosciute nella storia naturale delle alterazioni del metabolismo minerale in IRC:

1) riduzione dei livelli di calcitriolo a partire da valori di GFR <60 ml/min;

2) iperparatiroidismo da valori di GFR <40 ml/min;

3) iperfosforemia a partire da livelli di GFR <30 ml/min.

di recente si è riconosciuto un nuovo fattore FGF23, che sarebbe determinante nel mantenimento di una normale fosforemia a dispetto dell’espansione del pool fosforico conseguente alla riduzione dei nefroni funzionanti; l’aumento precoce di FGF23 riscontrato già per valori di GFR <75 ml/min, consente di aumentare l’escrezione renale di fosforo per singolo nefrone, a scapito però dell’inibizione della sintesi di calcitriolo (mediato dalla stimolazione della 24 alpha idrossilasi e dell’inibizione della 1 alpha idrossilasi).

L’aumento di FGF23 potrebbe quindi rappresentare uno dei primi anelli della catena metabolica responsabile della CKD-MBD.

[1]



Figura 4 di 35.

In questo recente studio osservazionale (Górriz JL et al. [2]) condotto in Spagna su 634 pazienti con Insufficienza renale Cronica non in dialisi con lo scopo di valutare i parametri biochimici della CKD – MBD, si evidenzia come i livelli di fosforemia si mantengano entro i range di normalità fino allo stadio 4 (GFR < 30 ml/min), in accordo con i dati rilevati in altri studi ( [3] - [4]).



Figura 5 di 35.




Figura 7 di 35.



Figura 8 di 35.

In questa tabella vengono riassunti gli studi epidemiologici di natura osservazionale che mostrano una associazione tra livelli di fosforemia e progressione della Insufficienza renale Cronica. [9]



Figura 9 di 35.



Figura 10 di 35.

Le Linee Guida KDIGO suggeriscono per gli stadi 3-4 dell’Insufficienza renale Cronica di mantenere i livelli di Fosforemia nel range di normalità (grado di evidenza 2C).

Le linee guida KDIGO sottolineano l’importanza di uno stretto controllo del bilancio fosforico sin dalle prime fasi dell’IRC, pur con i limiti delle attuali conoscenze sui target terapeutici nella sindrome CKD-MBD.

KDIGO. [10]

K/DOQI clinical practice guidelines for bone metabolism and disease in chronic kidney disease. [11]



Figura 11 di 35.



Figura 12 di 35.



Figura 13 di 35.



Figura 14 di 35.

Nei pazienti con IRC i livelli di FGF23 aumentano come risposta compensatoria al carico orale di fosfati al fine di incrementare l’escrezione renale di fosforo e dunque di mantenere un bilancio fosforico neutro.

In questo studio randomizzato controllato (Di Iorio B. et al. [12]) con disegno cross-over 32 pazienti sono stati sottoposti ad una dieta ipoproteica con 0.3 gr/kg/die supplementata con chetoanaloghi (VLpD) per 1 settimana e ad una successiva settimana di dieta con contenuto proteico di 0.6 gr/kg/die (LpD); al termine di ogni periodo venivano valutati fosfaturia, escrezione frazionale di fosforo e FGF23, oltre ai parametri biochimici di routine e del metabolismo calcio-fosforo.

Le diete utilizzate contenevano 350–420 (VLpD) and 600–700 (LpD) mg/d di fosforo, con una riduzione dell’apporto fosforico del 68% and 34%, rispettivamente, rispetto ad una dieta normoproteica standard contenente 1200 mg di fosforo.



Figura 15 di 35.

Il regime dietetico VLpD determinava una riduzione statisticamente significativa rispetto al regime LpD di fosforemia (12%), fosfaturia (34%), FGF23 (33.5%); la riduzione di FGF23 correlava significativamente con la riduzione della fosforemia (r=0.42; p< 0.01) e della fosfaturia (r=0.48; p< 0.01).

Questo studio (Di Iorio B. et al. [12]) pur in una casistica a bassa numerosità dimostra che un regime dietetico VLpD è in grado di ridurre marcatamente l’apporto fosforico e di conseguenza ridurre la fosforemia e i livelli di FGF23, senza l’uso di chelanti dei fosfati.



Figura 16 di 35.

In questo studio randomizzato controllato (Isakova T et al. [13]), con disegno fattoriale 2 x 2, 39 pazienti con IRC Stadio 3-4 e normali valori di fosforemia sono stati assegnati per 3 mesi a 4 gruppi di trattamento:

1) dieta libera + lantanio carbonato placebo

2) dieta a ridotto contenuto di fosforo (900 mg/die) + lantanio carbonato placebo

3) dieta libera + lantanio carbonato

4) dieta a a ridotto contenuto di fosforo (900 mg/die) + lantanio carbonato.

La dose di lantanio carbonato utilizzata è stata di 1000 mg x 3 al dì ai 3 pasti principali.

L’end point primario era rappresentato dalla modificazione dei livelli di FGF 23.



Figura 17 di 35.

Dopo 3 mesi di trattamento la combinazione di una dieta a ridotto contenuto di fosforo + lantanio carbonato 3 gr/die riduceva i livelli di FGF23 del 35% +/- 32%, in assenza di significative modificazioni della fosforemia e della fosfaturia; viceversa né la sola riduzione dell’apporto fosforico né la sola terapia con chelanti modificava l’end point primario.

I dati di questo studio (Isakova T et al. [13]) evidenziano l’importanza di associare uno stretto counseling dietetico ad una eventuale prescrizione di chelanti.



Figura 18 di 35.



Figura 19 di 35.



Figura 20 di 35.



Figura 21 di 35.



Figura 22 di 35.

Descriviamo uno studio osservazionale (Shinaberger CS et al. [14]) che aveva lo scopo di valutare il rischio di mortalità a 3 anni legato alle variazioni dell’intake proteico e dei livelli di fosforemia in 30.075 emodializzati nei primi 6 mesi di osservazione.

Nella figura in alto a sn la caduta del nPNA, che misura l’introito proteico, si associava ad un aumento del rischio di mortalità, a dx si può vedere come un aumento della fosforemia si associava parimenti ad un aumento del rischio di mortalità.

Nel grafico in basso si vedono i risultati dell’analisi combinata delle variazioni dei 2 parametri: PNA e fosforo.

Sembra confermata l’ipotesi che cercare di ridurre il fosforo attraverso una riduzione dell’introito proteico può essere più dannoso che benefico per il paziente.

Il dato che l’aumento dell’introito proteico associato a riduzione del fosforo è quello che riduce di più il rischio suggerisce un controllo aggressivo del fosforo con dieta associata ai chelanti.



Figura 23 di 35.




Figura 25 di 35.

Questo studio (Block GA et al. [15]) è un trial pilota randomizzato controllato con lo scopo di determinare gli effetti di 3 chelanti del fosforo (calcio acetato, sevelamer, lantanio carbonato vs placebo) sui parametri del metabolismo minerale e sulle calcificazioni vascolari in 148 pazienti con IRC stadio 3-4 (GFR 32+/-8.1 ml/min), normofosforemici (4.2+/- 0.4 mg/dl).



Figura 26 di 35.

In questa tabella vengono mostrate le caratteristiche dei pazienti arruolati al basale, cumulative e per ogni gruppo assegnato ai 4 trattamenti.

[15]



Figura 27 di 35.

La dose media di chelanti assunta è stata di 5.9 gr/die per il calcio acetato, 2.7 gr/die per il lantanio carbonato e di 6.3 gr/die per il sevelamer, con un folow-up medio di 249 giorni. L’aderenza alla terapia è stata superiore all’85% in ogni braccio di trattamento.

[15]



Figura 28 di 35.

Le variazioni della fosforemia sono state statisticamente differenti tra i pazienti sottoposti a trattamento con chelanti vs placebo: da 4.2 a 3.9 mg/dl (P=0.03).

[15]



Figura 29 di 35.

L’escrezione urinaria di fosforo si riduceva del 22% con la terapia chelante, mentre rimaneva immodificata nel gruppo placebo (P=0.002).

I valori di paratormone rimanevano stabili nei pazienti in terapia chelante mentre aumentavano del 21% nel gruppo placebo (P=0.002).

[15]



Figura 30 di 35.

I livelli medi di FGF23 non erano statisticamente differenti tra i pazienti in terapia attiva e il gruppo placebo, sia per il dosaggio per FGF23 C-terminale che per FGF 23 intatto; viceversa la valutazione separata per i diversi gruppi di trattamento evidenziava una significativa riduzione di FGF 23 nei pazienti che assumevano Sevelamer (riduzione mediana =24 pg/ml,P=0.002 versus placebo), ed un aumento in quelli che assumevano calcio acetato (incremento mediano= 28 pg/ml P=0.03 vs placebo), nessuna variazione invece in quelli trattati con lantanio carbonato.

[15]



Figura 31 di 35.

La valutazione delle modificazioni delle calcificazioni vascolari mediante determinazione TC per calcio coronarico e aorta toracica e addominale, è stata possibile solo in un sottogruppo di 96 pazienti (60 in trattamento attivo e 36 in placebo) ..Nessun paziente con un Calcium score pari a zero al basale ha sviluppato calcificazioni nel follow-up. Negli 81 pazienti che al basale presentavano Calcium score maggiore di 0, la terapia con chelanti si associava ad un aumento percentuale significativo sia del calcio coronarico (P=0.05) che del calcio dell’aorta addominale (P=0.03)

[15]



Figura 32 di 35.

Dall’analisi dei diversi gruppi di trattamento si può notare come l’apparente progressione delle calcificazioni vascolari nel gruppo trattato vs placebo, in realtà sia stata maggiore nei pazienti che assumevano calcio acetato.

[15]



Figura 33 di 35.



Figura 34 di 35.

In questo editoriale (Tilman B. [16]) di commento allo studio di Block GA. et al vengono evidenziati i problemi di analisi statistica dei dati, in relazione alla bassa numerosità campionaria e a problemi di diverse e non bilanciate caratteristiche al basale dei pazienti randomizzati nei diversi gruppi di trattamento.

Gli autori concludono che trattandosi di un trial pilota l’efficacia e la safety della terapia chelante in pazienti con IRC allo stadio 3-4 dovrà essere oggetto di ulteriori studi su più ampie coorti.



Figura 35 di 35.



BibliografiaReferences

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[3] Craver L, Marco MP, Martínez I et al. Mineral metabolism parameters throughout chronic kidney disease stages 1-5--achievement of K/DOQI target ranges. Nephrology, dialysis, transplantation : official publication of the European Dialysis and Transplant Association - European Renal Association 2007 Apr;22(4):1171-6 (full text)

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[14] Shinaberger CS, Greenland S, Kopple JD et al. Is controlling phosphorus by decreasing dietary protein intake beneficial or harmful in persons with chronic kidney disease? The American journal of clinical nutrition 2008 Dec;88(6):1511-8 (full text)

[15] Block GA, Wheeler DC, Persky MS et al. Effects of phosphate binders in moderate CKD. Journal of the American Society of Nephrology : JASN 2012 Aug;23(8):1407-15 (full text)

[16] Drüeke TB, Massy ZA Phosphate binders in CKD: bad news or good news? Journal of the American Society of Nephrology : JASN 2012 Aug;23(8):1277-80 (full text)


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