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release  1
pubblicata il  29 ottobre 2013 
Da Giuseppe Rombolà
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Congresso

IL CONTROLLO DEL FOSFORO NELL’INSUFFICIENZA RENALE DALLA FASE CONSERVATIVA ALLA DIALISI: QUALI STRATEGIE?

II Sessione - Moderatore: S. Oliva

Terapia dell’iperfosforemia: quali chelanti?

Figura 1 di 13.



Figura 2 di 13.

Anche se non completamente chiarito, esistono numerose evidenze che sottolineano il ruolo dei ROS nel processo di differenziamento delle cellule della parete arteriosa (cellule muscolari lisce, periciti, ecc) in osteoblasti e quindi delle calcificazioni vascolari. Il fosforo, con la sua attività citotossica è sicuramente un fattore importante e potenzialmente modificabile.



Figura 3 di 13.

Anche se non completamente chiarito, esistono numerose evidenze che sottolineano il ruolo dei ROS nel processo di differenziamento delle cellule della parete arteriosa (cellule muscolari lisce, periciti, ecc..) in osteoblasti e quindi delle calcificazioni vascolari. Il fosforo, con la sua attività citotossica è sicuramente un fattore importante e potenzialmente modificabile.



Figura 4 di 13.

La rilevanza clinica di questo processo, oltre ai noti effetti sul rischio di mortalità per cause cardiovascolari, risulta anche dall’effetto sulla velocità di progressione dell’insufficienza renale verso la condizione di ESRD. 



Figura 5 di 13.

La rilevanza clinica di questo processo, oltre ai noti effetti sul rischio di mortalità per cause cardiovascolari, risulta anche dall’effetto sulla velocità di progressione dell’insufficienza renale verso la condizione di ESRD. 



Figura 6 di 13.

Allora la domanda che bisogna porsi è: qual è la concentrazione normale del fosfororemia?

In questo lavoro, ma ce ne sono diversi sullo stesso argomento, risulta evidente che la fosforemia, nell’arco della vita cambia. E in particolare nelle persone con età superiore a 60 anni la fosforemia “normale” è intorno a 3-3.5 mg/dl e non 5.5 (limete considerato adeguato per alcune versioni di linee guida.



Figura 7 di 13.

Non c’è dubbio che se vogliamo raggiungere un adeguato controllo della fosforemia e augurabilmente evitare anche l’accumulo di fosforo nell’organismo, e parallelamente evitare la malnutrizione proteica, dobbiamo ricorrere all’uso di chelanti anche nella fase che precede l’uremia terminale. A questo proposito va sottolineato che i pazienti affetti da IRC hanno generalmente diverse altre patologie e sono quindi costretti ad assumere molti farmaci. Quindi l’adesione alla terapia diventa un serio problema. Ridurre il numero complessivo di “compresse” deve essere un principio guida.

Il grafico documenta come la numerosità delle “compresse” influenza direttamente l’adesione alla terapia stessa.



Figura 8 di 13.

Un chelante sicuramente efficace, e che l’uso clinico esteso e l’esperienza post-marketing ha tolto ogni dubbio sulla buona tollerabilità e sicurezza è il lantanio-carbonato.



Figura 9 di 13.

Uno dei limiti all’uso del Lantanio era la necessità di ridurlo completamente in polvere, purtroppo la popolazione uremica non sempre ha forza e denti per ottenere questo effetto.

Attualmente insieme alla furmulazione in compresse si è aggiunta la formulazione polvere.

Come documenta il lavoro riassunto in questa diapositiva l’efficacia chelante e la cinetica è simile.

Tuttavia bisogna sottolineare chela forma polvere, amplificando la superficie a contatto con il fosforo ingerito, potrebbe avere una efficienza di chelazione maggiore e quindi è possibile immaginare un risparmio.



Figura 10 di 13.



Figura 11 di 13.



Figura 12 di 13.



Figura 13 di 13.




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