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Best practice

La disfunzione ventricolare destra e l'ipertensione arteriosa polmonare nella malattia renale cronica

Testo

Introduzione

La patologia cardiovascolare rappresenta, indubbiamente, il principale fattore di comorbidità in corso di malattia renale cronica (Foley RN -1998 [1]).

La malattia renale cronica è una condizione clinica caratterizzata da un’espansione del volume extracellulare che porta all’incremento della gittata cardiaca (e, conseguentemente, del ritorno venoso al cuore destro) e all’aumento delle resistenze vascolari periferiche (Trespalacios FC - 2003 [2]).

Già nelle ultime fasi della malattia renale cronica (potenzialmente identificabili con la stadio V° in accordo con la stadiazione NKF) è possibile documentare un aumento della pressione sistolica in arteria polmonare (PAPs), dato che si evidenzia ulteriormente nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico (Yigla M - 2000 [3] (full text)).

L’incremento dei valori di PAPs rappresenta un predittore indipendente di mortalità nella popolazione di pazienti uremici (Yigla M - 2000 [4]).

La prevalenza dell’ipertensione polmonare (HP) nella popolazione nefrologica è caratterizzata da grande variabilità a seconda delle diverse casistiche (Domenici A - 2010 [5] (full text), (Unal A - 2009 [6] (full text)), variabilità che emerge anche quando si tiene conto del tipo di trattamento impostato ai pazienti nefropatici (Yigla M - 2003 [7]).

Diverse ipotesi sono state formulate per spiegare l’aumento della PAPs in corso di malattia renale cronica: riduzione dei livelli di albumina sierica, ipertrofia ventricolare sinistra, aumento delle concentrazioni sieriche di peptidi endogeni (pro BNP, Marinobufagenina) (Yigla M - 2006 [8]).

Nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico, un ruolo di primaria importanza è svolto dal tipo di accesso vascolare utilizzato. La presenza della fistola artero – venosa (FAV) ovvero del catetere venoso centrale (CVC) potrebbe giustificare la maggiore incidenza di ipertensione polmonare rispetto ai pazienti sottoposti a dialisi peritoneale e a coloro i quali sono sottoposti a terapia conservativa (Yigla M - 2006 [8]).

Probabilmente, il fenomeno della HP nei pazienti dializzati rappresenta l’espressione finale dei  meccanismi di compenso di pressione e di volume che includono la presenza di una FAV, lo stato della volemia e l’integrità della funzione ventricolare sinistra. In tale contesto, il ventricolo destro (VD) svolge un ruolo fondamentale. Per molti anni l’interesse nello studio del VD è stato molto carente al punto di considerarlo soltanto un condotto per il flusso ematico del piccolo circolo (Santamore WP - 1998 [9]). Poiché la funzione del VD è inversamente proporzionale al “afterload” (post – carico), l’attenzione di molti ricercatori è stata diretta alla valutazione della PAPs. Il miglior adattamento da parte del VD nel tollerare le variazioni di volume aiuta a contenere l’espressione clinica dello scompenso congestizio al costo dell’aumento della PAPs (Ghio S - 2001 [10]). La risposta che fornisce il VD agli stimoli cronici di sovraccarico di volume e di stress di parete è analoga a quella data dal VS, ossia ipertrofia e dilatazione. La dilatazione del VD comporta la distensione dell’annulus tricuspidalico e la conseguente insufficienza valvolare; l’ipertrofia implica la riduzione del flusso coronarico locale, lo quale può indurre a ischemia locale (Tune JD - 2004 [11] (full text)).

La funzione sistolica del VD può restare indenne in pazienti con PAPs aumentata, come nel caso di HP di recente insorgenza. Contrariamente, la disfunzione sistolica del VD può associarsi a valori normali di PAPs, come nei casi di ischemia o di riduzione della contrattilità miocardica locale (Ghio S - 2001 [10]). Nonostante la determinazione della PAPs sia di grande utilità nella valutazione diretta della funzione del VD, non la si dovrebbe considerare come un unico marker funzionale. Per una migliore identificazione dei pazienti a rischio di scompenso cardiaco congestizio sarebbe quindi opportuno l’utilizzo di tutte le variabili emodinamiche disponibili. Molti di questi indicatori possono essere facilmente ottenuti ecocardiograficamente, usando le metodiche mono o bidimensionale (M-mode o B-mode) (Tamborini G - 2012 [12]). Tra questi, uno dei parametri più utilizzati è rappresentato dalla valutazione dell’ escursione dell’annulus della valvola tricuspidale  “Tricuspid Annular Plane Systolic Excursion” (TAPSE) (Kaul S - 1984 [13]), ossia la valutazione del movimento del piano valvolare tricuspidale durante la contrazione longitudinale sistolica del VD. È stato ben stabilito che questo parametro correla molto bene con la frazione d’eiezione (FE) del VD calcolata con tecnica scintigrafica (Kaul S - 1994 [13]) e mediante cateterismo cardiaco (Ghio S - 2001 [10]). Inoltre esiste una buona associazione tra TAPSE ed altri indici di funzione sistolica del VD (Lindstrom L - 2001 [14] (full text)), (Altmann K - 2000 [15]), (Miller D - 2004 [16]), nonchè con la prognosi clinica a lungo termine (Miller D - 2004 [16]).

Prevalenza e Incidenza della DVD in CKD

Prevalenza ed incidenza della disfunzione ventricolare destra (DVD) in corso di malattia renale cronica (CKD).

Nei pazienti affetti da scompenso cardiaco congestizio (SCC), l’instaurarsi di una condizione di insufficienza renale cronica (IRC) rappresenta un noto predittore indipendente di mortalità (Waldum B -2010 [17]). Anche se i meccanismi fisiopatologici che sottendono allo sviluppo di malattia renale cronica nei pazienti con SCC prevedono una genesi multifattoriale, tra i meccanismi più importanti si segnalano la riduzione della pressione di perfusione e la riduzione del flusso renale (Cody RJ - 1988 [18]), (Smilde TD - 2009 [19]), (Mullens W - 2009 [20]). Diversi autori hanno associato la presenza di congestione venosa, evidenziata attraverso l’aumento delle pressioni del atrio destro (Right Atrial Pressure: RAP: mmHg) con la disfunzione renale, sia in corso di SCC acuto (Mullens W - 2009 [20]) e cronico (Damman K - 2010 [21]) che in pazienti con HP (Damman K -2007 [22]). Nonostante queste evidenze, appare meno chiaro se altre alterazioni cardiache, come la disfunzione ventricolare destra (DVD) possano contribuire al declino della funzione renale. L’integrità della funzione del VD risulta fondamentale per mantenere bassi i livelli pressori venosi del piccolo circolo con un cardiac output adeguato (Furey SA 3rd - 1984 [23]). Inoltre, la DVD combinata all’IRC si associa ad una prognosi peggiore nei pazienti con SCC. Secondo alcune analisi multivariate (Ghio e Kjaergaard), nei pazienti con SCC, la presenza di un TAPSE inferiore a14 mmsembra conferire importante informazione prognostica aggiuntiva. Una recente meta-analisi (Damman K - 2007 [24]), focalizza che per ogni incremento di > 0.2 mg/dL di creatininemia, che corrisponde a 5 mL/min di filtrato glomerulare (eGFR), è possibile osservare un aumento del 50% del rischio di morte e del 30% del rischio di ospedalizzazione.

Tuttavia, l’associazione tra DVD ed IRC, soprattutto nei pazienti con SCC, resta ancora scarsamente definita. In un recente lavoro che includeva più di 370 pazienti con SCC e disfunzione sistolica sinistra, Dini et al (Dini - 2012 [25]), dimostrano che la DVD (espressa come un valore di TAPSE inferiore a14 mm), appare fortemente associata all’entità della disfunzione renale. Effettivamente, i pazienti con il eGFR inferiori a 60 mL/min presentavano valori significativamente più bassi di TAPSE rispetto a quelli con eGFR > a 60 mL/min. Inoltre gli autori dimostrano una buona correlazione tra TAPSE ed eGFR (r=0.38; p<0.0001). Dal punto di vista prognostico, si osserva che la combinazione: DVD e IRC, si associava ad un decorso clinico sfavorevole in termini di mortalità per tutte le cause. Di fatto, il binomio DVD e IRC determinava il 50% di mortalità a 2 anni. Quando nel modello venivano inseriti i valori di RAP si osservava che la combinazione TAPSE ridotta/ RAP elevate era associata alla prognosi peggiore, suggerendo il ruolo della congestione del piccolo circolo sulla DVD.

Convenzionalmente, la riduzione del cardiac output e del flusso plasmatico renale sono sempre stati segnalati come i fattori maggiormente determinanti la riduzione del GFR in pazienti con SCC. Tuttavia, questa situazione può condurre all’incremento progressivo della pressione venosa nel distretto renale, che si pone come conseguenza della congestione venosa del piccolo circolo. Tale meccanismo può contribuire precocemente alla genesi della disfunzione renale nei pazienti con SCC (Firth JD - 1988 [26]), (Tang WH - 2010 [27]); l’elevata pressione venosa nel distretto renale riduce la frazione di filtrazione glomerulare attraverso due meccanismi: l’incremento della pressione idrostatica a livello tubulo-interstiziale e la diminuzione dei livelli della pressione di perfusione e del flusso plasmatico renale. In queste condizioni, l’ipossia tissutale e l’attivazione simpatica possono ulteriormente accelerare il declino della funzionalità renale di questa popolazione di  pazienti (Ganda A - 2010 [28]) (Damman K- 2010 [29]), (Al-Ahmad - 2001 [30]).

Prevalenza e Incidenza della DVD in HD e DP

Prevalenza ed incidenza della disfunzione ventricolare destra (DVD) in corso di uremia: l'emodialisi (HD) e la dialisi peritoneale (DP).

I primi dati relativi alla prevalenza/incidenza di ipertensione polmonare in pazienti affetti da malattia renale cronica emergono da uno studio epidemiologico israeliano (Yigla M [3] (full text)), nel quale si è documentato un aumento apparentemente inspiegabile della PAPs nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico. Gli autori concludevano che l’aumento delle PAPs era la conseguenza del prolungato periodo dialitico e degli effetti emodinamici dell’accesso vascolare. Tuttavia, questo studio presenta almeno tre importanti limiti: un numero estremamente basso di pazienti con malattia renale cronica in stadio I° - IV°, l’arruolamento esclusivo di pazienti in stadio terminale e già sottoposti a trattamento sostitutivo della funzione renale (emodialisi) e la mancanza di un’analisi capillare della tipologia e della gravità della nefropatia di base. In un lavoro successivo, gli stessi autori (Yigla Mc - 2003 [7]) hanno trovato che un 40% circa dei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico (HD) presentavano ipertensione polmonare (HP), intesa come riscontro di valori di PAPs superiori ai 44 mmHg. Nei pazienti trattati con dialisi peritoneale (DP) e con terapia conservativa (TC) al contrario, i valori di pressione polmonare venivano rilevati nella norma.

Sebbene l’elevata prevalenza di HP in pazienti in trattamento con HD sia stata confermata da diversi autori (Havlucu Y -2007 [31]), (Tarrass F - 2006 [32]), (Domenici A - 2010) [5] (full text)), appare meno chiara la reale entità di questo problema in pazienti trattati con altre metodiche dialitiche (DP) ovvero in trattamento conservativo (TC).  Infatti, in alcune casistiche è stata rilevato fino ad un 39% di HP in pazienti in TC (Yigla M - 2003 [7]) ed in altre, comprendenti pazienti trattati con dialisi peritoneale, sono stati rilevati valori di PAPs superiori rispetto ai controlli sani (20 mmHg vs 14 mmHg) (Unal A - 2009 [6] (full text)). I valori elevati di PAPs sembrano essere associati ai livelli circolanti di albumina plasmatica, allo stato di volemia e alla presenza di ipertrofia ventricolare sinistra. Non sono completamente chiare le cause per cui viene riscontrata una maggiore prevalenza di HP tra i pazienti in trattamento in HD rispetto a quelli in trattamento con DP (27-59% vs 12-22%). La presenza della FAV e la durata (in termini di età dialitica) del trattamento sostitutivo sono al momento le ipotesi più accreditate (Yigla M - 2003 [7]).

La HP nei pazienti in dialisi è considerata la risultante tra i meccanismi di compenso di pressione e di volume. Questi meccanismi vengono certamente influenzati dalla presenza della FAV, dallo stato di volemia e dall’integrità della funzione ventricolare sinistra (Yigla M - 2003 [7]). Tuttavia, in certi casi, è possibile documentare una normale funzionalità ventricolare destra in pazienti con PAPs aumentate come pure documentare un deterioramento sensibile della funzione del VD associata a valori normali di PAPs (Ghio S - 2001 [10]). Per questo motivo è molto importante che la valutazione della funzione del VD venga effettuata con la maggior quantità di parametri possibili (Tamborini G - 2008 [33]).

Recentemente il nostro gruppo (Di Lullo - 2011 [34]) ha osservato che solo il 15% dei pazienti in HD con FAV presentavano valori patologici di TAPSE (inferiori a15 mm), mentre nei pazienti portatori di cateteri venosi permanenti (CVP), i valori erano normali. In tutti i pazienti però, i valori di PAPs erano normali. Inoltre, si osservava che il trattamento dialitico induceva una riduzione significativa del TAPSE che risultava più evidente nei pazienti con FAV rispetto a quelli portatori di CVP. Contrariamente, i valori di PAPs non mostravano variazioni sensibili durante il corso della seduta emodialitica.

Più recentemente, dati provenienti dal nostro gruppo di studio (Floccari F - 2012 [35]) dimostrano chiaramente l’esistenza di un’associazione tra TAPSE e PAPs in pazienti con IRC di entità moderata, non ancora in trattamento dialitico. In questo studio, che includeva più di 200 pazienti arruolati, tutti con valori normali di frazione d’eiezione (FE) del ventricolo sinistro, si osservavano valori ridotti di TAPSE nel 44.5% della popolazione, mentre il 24% dei pazienti presentava dilatazione del VD e il 29% valori aumentati di PAPs (>30 mmHg). In aggiunta, i valori di TAPSE mostravano una correlazione diretta con i valori di PAPs e di diametro e volume del VD. Questi dati rinforzano il concetto che in corso di malattia renale cronica, e prima ancora di iniziare il trattamento emodialitico, esiste una riduzione precoce della compliance e della funzione sistolica delle sezioni cardiache destre. Appare quindi opportuna la valutazione tempestiva di questi parametri, peraltro facilmente rilevabili, al momento della scelta della tipologia di accesso vascolare. Questa strategia potrebbe prevenire l’insorgenza di complicazioni cardiovascolari ed offrire benefici in termini di sopravvivenza del paziente affetto da malattia renale cronica.

Diagnostica per immagini nella IAP e DVD

La diagnostica per immagini nell'ipertensione polmonare (IAP) e nella disfunzione ventricolare destra (DVD).

L’ipertensione polmonare non ha sintomi peculiari e patognomonici. I sintomi d’esordio più frequenti sono rappresentati da dispnea (presente almeno nell’80% dei pazienti), astenia, episodi ipotensivi recidivanti e comparsa di fenomeno di Reynaud. La frequenza con cui molti di questi sintomi sono presenti nel paziente affetto da nefropatia avanzata può indurre a sottostimare il rischio e la diagnosi di ipertensione polmonare secondaria.

La stima della pressione polmonare sistolica, possibile con un comune esame ecocardiografico trans-toracico, è pertanto ritenuto dalle linee guida AHA e SIEC un parametro indispensabile già all’esame di base.

In realtà già al preliminare esame B-mode è possibile notare, indirettamente, alcuni aspetti indicativi di ipertensione polmonare (TN&D 2001 [36]):

 (Floccari F - 2011 [36])

  1. dilatazione delle camere cardiache di destra;
  2. ventricolo destro con aspetto a “D” per appiattimento del setto interventricolare;
  3. vena cava inferiore non collassabile con gli atti del respiro.

All’esame M-Mode potrà invece notarsi una Onda “a” (atriale) della escursione della valvola polmonare ridotta o assente (Figura 1).

L’accuratezza diagnostica di questi segni ecocardiografici non è elevata, sia in termini di specificità che di sensibilità. Si tratta inoltre di elementi esclusivamente qualitativi, che non consentono di misurare il grado di impegno ventricolare destro né di monitorare nel tempo la risposta alla terapia.

Per questo tipo di esigenze sarà necessario passare all’esame doppler (Floccari F - 2011 [36]). La stima della pressione arteriosa polmonare viene effettuata, come anticipato, analizzando le velocità di rigurgito tricuspidale e polmonare.

La velocità del rigurgito tricuspidale (VTR) viene campionata con il Doppler continuo in proiezione apicale 4 camere, con la sonda ecocardiografica angolata in modo da allinearsi al flusso trans valvolare e visualizzare con certezza il jet da rigurgito (pressoché costantemente presente su questo sito).

La VTR, così rilevata, indica il gradiente di pressione sistolico esistente tra ventricolo ed atrio destro. Sommando a questo gradiente la pressione atriale destra (RAP), si ottiene la pressione sistolica del ventricolo destro e, quindi, la PAPs.

PAPs = 4 (VTR)2 + RAP

La pressione atriale destra può essere stimata, ecocardiograficamente, misurando la variazione respiratoria del diametro della vena cava inferiore (VCI). Quando il diametro di quest’ultima diminuisce del 50% e oltre con l’inspirazione, la pressione in atrio destro è solitamente inferiore a 10 mmHg; quando il collasso inspiratorio della VCI risulta inferiore al 50%, la pressione in atrio destro è, solitamente superiore ai 10 mmHg. A conforto di questa stima, è possibile associare allo studio della cava inferiore quello dell’atrio destro: se questo appare dilatato è possibile stimare una RAP di almeno 15 mmHg  (Floccari F - 2011 [36]).

E’ bene evidenziare che tutte queste stime vengono totalmente invalidate dalla presenza di una concomitante stenosi della valvola polmonare o di una altra causa di ostruzione all’efflusso ventricolare destro.

Normalmente la velocità di rigurgito tricuspidale non raggiunge 1 m/s. In presenza di ipertensione polmonare, tale velocità può raggiungere e superare i 2 m/s.

La velocità telediastolica del rigurgito polmonare (VPR) è espressione del gradiente pressorio tele diastolico esistente tra arteria polmonare e ventricolo destro. Al termine della diastole, la pressione ventricolare destra dovrebbe uguagliare quella dell’atrio destro (RAP) e dovrebbe, quindi, aversi:

PAEDP = 4 * VPR 2 + RAP

dove PAEDP sta ad indicare la pressione arteriosa polmonare tele diastolica.

Solitamente la pressione polmonare risulta aumentata nei pazienti con elevate pressioni di riempimento del ventricolo sinistro. Lo studio doppler-pulsato della valvola mitrale si rivela quindi di grande importanza nell’individuare l’eventuale presenza di un pattern di tipo restrittivo del flusso trans mitralico (aumento della velocità dell’onda E, diminuzione di velocità del’onda A con rapporto E/A > 2 e diminuzione del tempo di decelerazione dell’onda E).

In pazienti affetti da ipertensione polmonare, è possibile notare alcuni aspetti peculiari allo studio doppler delle vene sovra-epatiche con un’onda A retrograda molto ben evidente a causa dell’aumento della pressione diastolica e la conseguente diminuita distensibilità della parete ventricolare destra (Floccari F - 2011 [36]).

Un indice ecocardiografico piuttosto utilizzato per lo studio della funzione del ventricolo destro è la misura della capacità di escursione cranio-caudale dell’anello della valvola tricuspide nel corso della sistole ventricolare (Tricuspid Annulus Plane Systolic Excursion, TAPSE). Si tratta di una misurazione che può essere effettuata in M- mode con facilità, che fornisce informazioni utili senza necessitare del Doppler tissutale, non richiede particolare esperienza e possiede una buona riproducibilità intra- e inter-operatore (Figura 1).

 Un ventricolo destro efficiente consente infatti un’ampia escursione dell’anello, che invece risulta ridotta dalla progressiva disfunzione destra. Tale indice ben correla con la funzionalità diastolica del ventricolo destro e con l’afflusso di sangue all’interno dell’atrio destro. Si tratta, inoltre, di un buon indice prognostico per la stratificazione del rischio cardiovascolare che può essere valutato in tutti i pazienti e che non risente del ritmo e della frequenza cardiaca. Quest’ultimo aspetto è di particolare utilità, in quanto consente l’uso del TAPSE anche in pazienti affetti da tachicardia o fibrillazione atriale, nei quali lo studio della funzione diastolica è ostacolato dalla presenza di una sola onda atriale al doppler trans mitralico. E’stato riportato che il rilievo del TAPSE definisca ulteriormente il significato prognostico della classificazione NYHA (Floccari F - 2011 [36]).

IAP e SCdx: terapia farmacologica

Ipertensione arteriosa polmonare (IAP) e lo scompensco cardiaco destro (SCdx): la terapia farmacologica

Il paziente affetto da ipertensione polmonare può giovarsi, innanzitutto, di alcune modificazioni del proprio stile di vita che comprendono l’abolizione dell’assunzione di nicotina e l’inizio di una sana attività fisica, dal ritmo blando e prevalentemente isometrica.

Dal punto di vista del nefrologo, il mantenimento di un buon controllo pressorio, di stabili livelli di emoglobina ottimali ed il corretto management del peso secco sono il miglior modo di fare prevenzione primaria e secondaria dell’ipertensione polmonare.

Per quanto attiene alla terapia farmacologica, si hanno evidenze riguardo l’utilità della digossina, dei diuretici, dei calcio antagonisti.

L’impiego corretto della Digossina sembra efficace nel contrastare i deficit di contrattilità del ventricolo destro, con un aumento fino al 10% dell’output cardiaco. Ulteriori evidenze dimostrano come la digossina sia in grado di indurre una diminuzione dei livelli circolanti di noradrenalina, uno dei mediatori bioumorali implicati nella genesi dell’ipertensione polmonare. Ovviamente l’utilizzo dei farmaci digitalici va attentamente monitorato nei pazienti affetti da insufficienza renale cronica ed in particolare in quelli sottoposti a trattamento emodialitico, alla luce di frequenti controlli della digossinemia, della frequenza cardiaca e del tracciato elettrocardiografico (Rich S - 1988 [37])

Il sovraccarico di volume è una delle componenti fondamentali della catena fisiopatologica che conduce all’ipertensione polmonare. La riduzione del carico volemico, nel paziente che presenta diuresi ancora valida, può ottenersi con diuretici dell’ansa, tiazidici, antialdosteronici, avendo cura di monitorare i livelli di K sierico e nel rispetto di quanto disposto dalla scheda tecnica dei singoli farmaci (Sitbon O - 2002 [38]). L’ultrafiltrazione extracorporea rappresenta uno strumento prezioso nelle mani del nefrologo (Kiykim AA - 2010 [39]), che richiama ancora una volta alla capacità di visione multidisciplinare del paziente ed al dialogo tra le diverse figure specialistiche.

L’impiego degli anticoagulanti orali viene largamente raccomandato nei pazienti affetti da ipertensione polmonare, come testimoniato da un’analisi retrospettiva effettuata presso la Mayo Clinic in pazienti nei quali era fallita la terapia con alti dosaggi di calcio – antagonisti. I pazienti sottoposti a trattamento con warfarin presentavano tassi di sopravvivenza del 91% a un anno e del 47% a 3 anni in confronto, rispettivamente, al 62 % e 31% dei pazienti che non assumevano anticoagulante orale. Il dosaggio raccomandato per il warfarin è simile a quello utilizzato per la profilassi del tromboembolismo venoso, ossia tale da mantenere un INR compreso tra 2 e 3 (Barst RJ - 2009 [40])

Una valida alternativa al warfarin, in considerazione della sua capacità di inibire la proliferazione delle cellule muscolari lisce, è rappresentato dalle eparine a basso peso molecolare.

A causa delle prime evidenze riportate in letteratura che evidenziavano il ruolo favorevole giocato dalla somministrazione acuta di farmaci vasodilatatori nella riduzione della pressione polmonare, è stato giocoforza considerare questa classe di farmaci come quelli da utilizzare in prima istanza nel trattamento dell’ipertensione polmonare anche se la letteratura scientifica non è stata più concorde negli ultimi anni.

Ad ogni buon conto, sicuramente i farmaci vasodilatatori sono utili in una certa percentuale di pazienti affetti da ipertensione polmonare anche se esistono delle indubbie problematiche relative alla somministrazione di questa categoria di agenti farmacologici. La via comune d’azione dei farmaci vasodilatatori risiede nella loro capacità di ridurre le concentrazioni di calcio all’interno delle cellule muscolari lisce dell’endotelio vascolare ed inibendo, al contempo, la secrezione dei fattori di crescita cellulare. I Ca – antagonisti rappresentano una famiglia di farmaci ad azione vasodilatatoria di frequente utilizzo, seppure gravati da un effetto inotropo negativo a carico del ventricolo destro e dalla tendenza a indurre risposte riflesse sul sistema nervoso autonomo, potenzialmente anche in grado di peggiorare il quadro di ipertensione del piccolo circolo.

Evidenze scientifiche hanno, però, dimostrato come la somministrazione di calcio – antagonisti ad elevato dosaggio abbia comportato, in una percentuale variabile dal 10 al 20% di pazienti trattati, una drammatica riduzione delle pressioni e delle resistenze a carico delle arterie polmonari. Allo stesso tempo si è anche assistito ad un miglioramento della qualità di vita di questi pazienti, inteso come miglioramento della classe funzionale e del tasso di sopravvivenza a 5 anni a confronto del gruppo di controllo e dei soggetti non – responders. (Sitbon O - 2002 [41] (full text))

Gli analoghi delle prostaglandine racchiudono un nutrito gruppo di molecole utili nella modulazione delle resistenze arteriose polmonare. Tra questi l’epoprostenolo (Sitbon O - 2002 [42]) si è rivelato efficace nel migliorare la qualità di vita, la tolleranza all’esercizio fisico, gli indici emodinamici e la sopravvivenza in paziente affetti da ipertensione polmonare, grazie ad un’azione vasodilatatrice ed antitrombotica ed alla capacità di normalizzare l’output cardiaco. La necessità dell’infusione continua, previo posizionamento di un catetere venoso centrale e le numerose complicanze della terapia (infezioni del CVC e dell’exit site, flushing, cefalea, nausea e diarrea) hanno limitato l’applicazione su larga scala di questo farmaco. Nonostante ciò, esistono esperienze di trattamento del medesimo paziente per periodi anche estremamente lunghi (in alcuni casi si è arrivati fino a 10 anni di trattamento), tanto che in alcuni casi si è rivelata una vera e propria terapia “ponte” nell’attesa di un trapianto di polmone.

Il Trepostinil, è un analogo della prostaciclina simile all’epoprostenolo, ma stabile a temperatura ambiente, a pH neutro e con maggiore emivita plasmatica (3 – 4 ore). Dimostratosi efficace nell’incrementare la performance fisica, migliorare la sintomatologia dispnoica e gli indici emodinamici, consente la somministrazione sottocutanea e non richiede il posizionamento di un CVC (Benza RL - 2008 [43]).

L’iloprost:, un altro analogo della prostaciclina, se utilizzato per via inalatoria sembra possedere la capacità di indurre un effetto acuto sull’emodinamica del circolo polmonare simile a quello posseduta dall’ossido nitrico. Somministrato cronicamente consente di ottenere un miglioramento nella tolleranza all’esercizio fisico e di ridurre le resistenze vascolari del circolo polmonare (Olschewski H - 2008 [44] (full text)).

Beraprost: è un analogo della prostaciclina, somministrabile per os, già valutato in trials clinici randomizzati ed in grado di alleviare la sintomatologia dispnoica e la tolleranza allo sforzo fisico, seppur in presenza di effetti collaterali quali cefalea, flushing e diarrea che ne impediscono l’utilizzo ad elevati dosaggi (Vizza CD - 2002 [45]).

 Il Bosentan è un antagonista recettoriale dell’endotelina, non selettivo, in grado di migliorare la tolleranza allo sforzo e l’emodinamica del circolo polmonare. La dose raccomandata è quella di 250 mg/die da effettuarsi in due somministrazioni giornaliere nei pazienti in classe funzionale III° - IV° (Meyer G - 2008 [46]).

Gli inibitori della 5 – fosfodiesterasi (Vardenafil e Sildenafil) sono in grado di indurre vasodilatazione a carico del piccolo circolo, agendo sulla sintesi di cGMP e su quella dell’ossido nitrico. Gli effetti a lungo termine e la sicurezza farmacologica sono tutt’ora sotto sperimentazione (Ghofrani HA - 2002 [47]).

DVD e allestimento dell'accesso vacolare per HD

Disfunzione ventricolare destra (DVD) ed allestimento dell'accesso vascolare per emodialisi (HD)

Nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico cronico, la presenza di un cortocircuito artero – venoso come quello rappresentato dalla FAV (fistola artero – venosa), comporta un aumento del pre – carico a livello delle camere cardiache di destra con potenziali effetti deleteri, a lungo termine, sulla funzionalità delle stesse. Questa popolazione di pazienti presenta frequentemente volumi ventricolari ed atriali destri ai limiti superiori della norma, se non francamente superiori al normale. Gli stessi pazienti presentano una continua oscillazione degli stessi parametri, con la tendenza all’incremento nel periodo immediatamente precedente la seduta emodialitica e la riduzione degli stessi valori al termine del trattamento depurativo, in accordo con una riduzione del volume totale dei liquidi extracellulari. Tale riduzione si accompagna a quella dei volumi tele diastolici del ventricolo sinistro e ad un incremento della frazione di eiezione, a testimoniare l’effetto benefico, a livello di performance cardiaca, del trattamento emodialitico.

Discorso a parte va fatto per i pazienti affetti da malattia renale cronica in fase conservativa e non ancora, quindi, sottoposti a trattamenti sostitutivi della funzione renale. In letteratura non vi sono dati esaustivi in merito. Nella nostra personale esperienza non è tuttavia raro osservare alterazioni dei parametri ecocardiografici di funzionalità destra prima ancora di quelli più canonici legati alla funzione sisto – diastolica del ventricolo sinistro (Floccari F - 2012 [35]). Alcuni pazienti, che non presentano co-morbidità di tipo polmonare (BPCO, Fibrosi polmonari), possono evidenziare riduzione della TAPSE ed aumento dei volumi e delle pressioni atrio – ventricolari destre quando ancora i volumi ventricolari sinistri e gli indici di funzionalità distolica del VS (vedi, ad es., il rapporto E/A) si mantengono nei limiti della norma.

La fisiopatologia dell’ipertensione polmonare secondaria a MRC è complessa e solo parzialmente nota. Insieme ad una primitiva compromissione del circolo polmonare, tra gli attori in gioco nella genesi dell’ipertensione polmonare troviamo infatti il cronico sovraccarico di volume, numerose connettiviti, cardiopatie congenite e acquisite, la sindrome da HIV, la cirrosi epatica con ipertensione portale e tutti gli stati cronici caratterizzati da elevati regimi tensivi del circolo sinistro.

Da quanto sin qui detto si evince l’importanza di una diagnosi accurata e tempestiva, basata su di un approccio multidisciplinare, così da instaurare tempestivamente il protocollo terapeutico più idoneo ad arrestare la complessa cascata fisiopatologica alla base di tale condizione.

Due elementi peculiari dei pazienti affetti da uremia terminale sono l’anemia e la presenza in molti di essi di fistole artero-venose, spesso caratterizzate da portate molto elevate, capaci di aumentare considerevolmente il ritorno venoso ed il pre-carico delle camere destre (Yigla M - 2003 [7])

L’aumento dei regimi pressori presente nel circolo polmonare comporterebbe l’incremento dei livelli locali di FGF, PDGF e TGF–β e l’attivazione del sistema ACE polmonare. Questi a loro volta comporterebbero una abnorme proliferazione delle cellule muscolari lisce delle pareti vasali e l’aumento della sintesi di matrice extracellulare, sino ad una involuzione fibrotica dei vasi polmonari. La disfunzione endoteliale secondaria dei capillari polmonari, legata ad una ridotta espressione della Ossido nitrico – sintasi (NOS) e ad elevati livelli di endotelina sierica, indurrebbe una estesa proliferazione delle cellule endoteliali, che assieme alla deposizione di fibrina, condurrebbe all’obliterazione del lume dei vasi polmonari.

La proliferazione mio – intimale, la fibrosi intimale laminare concentrica o eccentrica, la trombosi e l’obliterazione dei vasi arteriosi sono quindi gli aspetti anatomici caratteristici della definitiva evoluzione della patologia.

Occorre ricordare al nefrologo come il ventricolo destro abbia una struttura muscolare esile, progettata dai meccanismi evolutivi come “pompa di volume”, adatta a lavorare a bassi regimi pressori e totalmente inadatta a vincere elevate resistenze vascolari.

Il sovraccarico pressorio cronico induce ipertrofia del ventricolo destro ed il conseguente rimodellamento riduce compliance, contrattilità, flusso coronarico.

L’elevato carico pressorio generato dall’ipertensione polmonare, inizialmente compensato con la distensione delle strutture destre, una volta raggiunto il limite critico di distensibilità di tali strutture, conduce all’instaurarsi di insufficienza tricuspidale ed al conseguente ulteriore sovraccarico volumetrico destro.

Nella nostra esperienza, la singola seduta emodialitica non risulta modificare la PAPs, mentre riduce significativamente il TAPSE. Questo dato è da interpretare come conseguenza della riduzione del carico di volume a seguito dell’ultrafiltrazione, mentre non risulta compatibile con una ipotesi di stunning miocardico (in quanto la frazione di eiezione cresce dopo dialisi) (Di Lullo - 2011 [34])

I nostri risultati appaiono confermati da quelli di Beigi et al, che concordano con l’effetto di lungo termine della FAV sull’output cardiaco e sul circolo polmonare, sia con la prevalenza di valori di PAPs francamente patologici (Beigi AA - 2009 [48]).Risulta, quindi, di fondamentale importanza, effettuare uno studio ecocardiografico nei pazienti candidati all’allestimento di un accesso vascolare per emodialisi. Tale studio ecocardiografico dovrà necessariamente comprendere un’accurata valutazione della funzionalità del cuore destro con particolare riguardo agli indici di sovraccarico pressorio (calcolo della PAPs) e di volume (TAPSE, diametri e volumi di atrio e ventricolo destro). A parità di altre condizioni/controindicazioni, sarà sempre preferibile allestire una FAV distale rispetto ad una prossimale in pazienti che presentino già iniziali segni di ipertensione polmonare e/o di scompenso cardiaco destro. Allo stesso tempo, considerato l’effetto giocato dalla presenza di una FAV sulle pressioni di riempimento cardiaco, sarà molto più indicato il posizionamento di un CVC rispetto al confezionamento della FAV in pazienti con grave ipertensione polmonare (PAPs > 50 mmHg) e segni di iniziale deficit della funzione ventricolare destra.

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release  1
pubblicata il  01 ottobre 2012 
Da Fulvio Floccari
Parole chiave: disfunzione ventricolare destra, ipertensione arteriosa polmonare, malattia renale cronica
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