Attenzione! Per visualizzare al meglio il sito e usufruire di tutte le funzionalità messe a disposizione
si consiglia di aggiornare la versione in uso di Internet Explorer alla versione 8 o superiore. Grazie!

La rete delle conoscenze nefrologiche

release  1
pubblicata il  07 novembre 2013 
Da Andrea Pezzana
(Ospedale San Giovanni Bosco - Torino)
Parole chiave: __fit__
Non ci sono commenti

Congresso

Anemia e malnutrizione - Due aspetti cruciali della malattia renale cronica avanzata

SESSIONE 3

Intervento dietetico nei pazienti con malattia renale cronica avanzata

presentazione

Figura 1 di 30.



Figura 2 di 30.

La dieta occidentale fornisce un introito proteico giornaliero che è ben maggiore del fabbisogno quindi tutti noi normalmente ingeriamo una dieta iperproteica. Tutte le linee guida per la terapia conservativa dell’insufficienza renale cronica concordano che un adeguato introito dietetico di proteine ha un ruolo importante nella terapia della mal renale cronica. Tuttavia non c’è ancora consenso unanime su quanto ridurre l’introito proteico e quando cominciare la dieta ipoproteica. 



Figura 3 di 30.

Questa disparità di opinioni è ben evidente quando andiamo a leggere alcune delle più importanti linee guida: l’americana è precisa per livelli già avanzati di IRC, cioè con valori di FG < 25 ml/min (quindi dallo stadio IV) e consiglia una dieta 0.6 g/Kg/die per i pazienti complianti, La SIN è più vaga, e consiglia una revisione delle abitudini dietetiche quando FG < 60 ml/min quindi fin dallo stadio III consigliando una dieta di 0.7-0.8 g. Ancora più sibilline sono le linee guida dell’ISS del 2012 tradotte da quelle della NICE del 2008 che focalizzano l’attenzione sull’informazione, sui rischi e benefici e sulla compliance. Recentemente il prof Brunori ha poi concluso che al momento non ci sono evidenze su quando iniziare una dieta ipoproteica. E allora che fare?



Figura 4 di 30.

Meno male che poi ogni tanto degli esperti si riuniscono e cercano, sulla base delle evidenze scientifiche, di colmare le zone grigie e di fornirci delle dritte: ecco qui l’ultimo consenso del marzo 2012 che illustra, usando la stazione DOQI, a che livello di FG iniziare la dieta e fornisce anche il grado di riduzione proteica. Vi faccio solo notare che lo stadio III viene ancora suddiviso in 3 a e in 3 b, dove per il 3 b, a maggior rischio di evoluzione in end stage, la dieta si restringe a livelli simili agli stadi IV e V più avanzati.



Figura 5 di 30.

E perché è consigliabile ridurre l’apporto proteico nella mal renale cronica? Questa review del 2007 ci risponde con 11 motivazioni: nella prima parte dello schema sono elencati gli effetti positivi sul metabolismo, nella seconda parte la possibilità di rallentamento della progressione della malattia e dell’ingresso in dialisi.



Figura 6 di 30.

E’ ben noto che alla riduzione del FG si associano alterazioni di diversi prodotti del metabolismo – urea, acidi organici, inorganici, ecc – e di micronutrienti introdotti con la dieta – fosforo, sodio, potassio, ecc –. IperPTH, anemia, acidosi metabolica, iperpotassiemia e iperfosforemia sono già evidenti nello stadio III come possiamo vedere nel nefro-test studio  che ha valutato 1038 paz afferenti a 2 centri nefrologici dal 2000 al 2006 con diversi livelli di IRC. Va sottolineato che l’alterazione del metabolismo minerale è un fattore di rischio predittivo indipendente di comparsa di eventi cardiovascolari nei pazienti con IRC e di progressione del danno renale > nei proteinurici (Gutierrez 2010).

Sia le alterazioni metaboliche che i fattori di rischio cardiorenale sono condizionati dall’alimentazione che quindi va tenuta in considerazione nella strategia terapeutica globale. Una riduzione di 0.2 g di proteine/Kg/die ha dimostrato di migliorare il controllo dell’iperfosforemia (1 g proteine contiene 13 mg di fosforo), dell’acidosi, dell’iperazotemia fin dallo stadio III – studio MDRD e una dieta di 0.6 ha ottenuto un miglior controllo metabolico a lungo termine rispetto alla 0.8 riducendo anche il fabbisogno di farmaci come bicarbonato e chelanti del P.

Si riduce poi introito di lipidi saturi che cono costituenti delle proteine animali. Con dieta ipoproteica 0.7 dopo 3 mesi aumenta lipoproteina A I e il rapporto Apo AI- Apo B. Lo stesso miglioramento del quadro lipidico riduce la proteinuria, E’ poi un’evidenza che la dieta ipoproteica riduca la proteinuria, dal 2o% al 37% secondo i vari studi e che questo effetto antiproteinurico sia più evidente nelle proteinurie nefrosiche e nei diabetici; l’effetto antiproteinurico della dieta è implementato dagli ACE-I, quindi siccome la proteinuria è un fattore indipendente predittivo di progressione del danno renale nei pazienti con nefropatia proteinurica vanno prescritti entrambi.

Dopo 3 mesi di dieta l’insulinosensibilità aumenta, aumenta l’insulina endogena e si riduce glucosio endogeno che hanno come risultato un miglior controllo della glicemia.

Inoltre dieta ipoproteica significa anche riduzione dell’introito di sale (riduzione delle proteine con la dieta del 30% riduce introito di sodio del 28%) con un miglior controllo della PA, implementato dall’uso degli antipertensivi in particolare ACE-I e sartani.



Figura 7 di 30.



Figura 8 di 30.

Oltre ai limiti “obbligati” e “non modificabili”, negli studi clinici troviamo poi una eterogeneità metodologica non trascurabile: numerosità e caratteristiche del campione studiato, outcome diversi (tipo riduzione della funzione oppure morte renale che vuol dire decesso del paziente o dialisi o tx) diversità delle impostazioni dietetiche, follow up diversi e spesso limitati, randomizzazione, ecc...

Per valutare l’outcome dei pazienti in dieta ipoproteica corrono allora in nostro aiuto le metanalisi che rivedono criticamente e selezionano gli studi più validi e significativi. Questa meta-analisi di Kasiske, anche se datata, è una delle poche che raggruppa gli studi randomizzati controllati che hanno come outcome la riduzione della funzione renale e NON la morte renale intesa come decesso del paziente /entrata in dialisi/ trapianto, in pazienti in dieta ipoproteica rispetto a quelli in dieta normoproteica. La numerosità del campione è ottima mentre la durata del follow up è molto variabile da 6 mesi a 36 mesi, la % dei diabetici non è alta, poi anche l’apporto proteico non è proprio ottimale né nel gruppo studio che in quello di controllo. Kasiske conclude che la restrizione proteica dietetica riduce il peggioramento della funzione renale di 0,5 ml/min/anno. Escludendo uno studio dove la differenza dell’apporto proteico fra gruppo studio e gruppo controllo è minima (Locatelli), la riduzione del peggioramento della funzione renale aumenta a 0.66 ml/min/anno. L’autore conclude quindi che la restrizione proteica dietetica rallenta il peggioramento della funzione renale, il livello di riduzione rilevato in questa meta-analisi è modesta provabilmente in parte per i limiti degli studi analizzati (numerosità del campione limitata in gran parte degli studi, tipo di dieta, follow up, % diabetici, ecc).



Figura 9 di 30.

Successivamente alla review di Kasiske abbiamo poi avuto le analisi del gruppo cochrane: qui ha analizzato alcuni studi che hanno valutato l’outcome inteso questa volta come morte renale che vuol dire inizio dialisi, trapianto oppure decesso di pazienti NON diabetici con IRC in dieta ipoproteica versus dieta normoproteica e dei pazienti sempre NON diabetici in dieta ipoproteica 0.3 versus 0.6 seguiti per almeno 1 anno. La numerosità del campione è elevata, 2000 pazienti. Hanno concluso che la dieta ipoproteica riduce significativamente il rischio di ESRD del 32%.



Figura 10 di 30.

Negli ultimi anni si è focalizzata l’attenzione sulla possibilità di mantenere in trattamento dietetico ritardando l’ingresso in dialisi negli anziani. Lo studio di Brunori et al. AJKD 2007

E’ il primo studio prospettico randomizzato controllato che confronta mortalità e morbidità nei pazienti anziani con IRC avanzata in trattamento dietetico o dialitico : i pazienti sono 112 suddivisi in due gruppi: gruppo 56 che al FG di 5-7 va in dialisi e gruppo 56 che fa la dieta ipoproteica 0.3 supplementata con ketoanaloghi. Follow up di 48 mesi. Limite: non ci sono paz diabetici.

Sopravvivenza a 1 anno 87.3% dieta 83.7% dialisi.

Dieta: ipoproteica supplementata con Ketoanaloghi: 0.3 g/Kg/die + 1 cp ogni 5 Kg (607 mg miscela di 5 ketoanaloghi e 4 aa essenziali corrispondenti a 37 mg azoto ureico- alfakappa- 35 Kcal/Kg/die + acido folico + complesso vit B sodio 3 g/die. Limite: non ci sono paz diabetici.



Figura 11 di 30.

Se poi andiamo a stratificare i pazienti anziani secondo la presenza o meno di comorbidità vediamo come...

 Review che valuta sopravvivenza paz trattamento conservativo (N° 155) rispetto paz che hanno iniziato dialisi (689) per un periodo di 18 anni. La sopravvivenza è migliore per i pazienti con una bassa % di comorbidità in dialisi rispetto al trattam conservativo (36 vs 29 mesi) MA gli ultrasettantacinquenni con un’alta % comorbidità non vivono di più se entrano in dialisi (25 vs 20 mesi, differenza non significativa di 4 mesi): quindi la presenza o meno di severe comorbidità cambia totalmente l’outcome dei pazienti anziani...



Figura 12 di 30.

Nell’ambito delle comordità ovviamente la cardiopatia ischemica è quella che più pesa sulla sopravvivenza.

Murtagh ha valutato retrospettivamente i paz seguiti con un programma multidisciplinare predialisi per 1 anno: a un FG di 8 ml/min 52 paz hanno iniziato dialisi, 77 paz hanno proseguito trattam conservativo.



Figura 13 di 30.

La dieta non influisce negativamente sull’outcome dei pazienti che iniziano la dialisi.

Ad ID peso e BMI sono simili nei 2 gruppi, poi aumentano nel corso dell’anno. Parametri nutrizionali e biochimici sono normali x entrambe i gruppi a ID, albumina e prealbumina aumentano da T0 a T6 in entrambe i gruppi, transferrina rimane stabile. A T0 non c’è differenza nella massa magra fra i 2 gruppi così come a T12. La massa grassa aumenta significativamente nei 2 gruppi nel corso del I anno di dialisi.

Quindi si puo’ concludere che i pazienti che hanno fatto una dieta strettamente ipoproteica si adattano poi velocemente al nuovo regime proteico richiesto in dialisi e che l’outcome almeno a breve termine è sovrapponibile se non migliore dei pazienti che hanno seguito una dieta normoproteica.

15 pz SVLPD 0.3 g/Kg/die  per 42±31 mesi (10-124)

15 pz Control 0.9 ± 0.21 g/Kg/die

T0-T3-T6-T12 : diario alimentare, peso, BMI, parametri biochimici e nutrizionali

T0-T6-T12 : DEXA



Figura 14 di 30.

La sopravvivenza dei pazienti trapiantati precedentemente in terapia dietetica è sovrapponibile alla sopravvivenza dei trapiantati nello stesso periodo ma che non hanno seguito la dieta. Dati del registro francese.

Questo studio retrospettico  ha  invece valutato l’outcome a lungo termine di 203 paz in dieta ipoproteica supplementata per un periodo di 3 anni in media prima dell’inizio del trattamento sostitutivo -dialisi o trapianto- suddivisi in 2 gruppi: 102 in dialisi e 101 trapiantati per 10 anni.



Figura 15 di 30.

Meno male che poi ogni tanto degli esperti si riuniscono e cercano, sulla base delle evidenze scientifiche, di colmare le zone grigie e di fornirci delle dritte: ecco qui l’ultimo consenso del marzo 2012 che illustra, usando la stazione DOQI, a che livello di FG iniziare la dieta e fornisce anche il grado di riduzione proteica. Vi faccio solo notare che lo stadio III viene ancora suddiviso in 3 a e in 3 b, dove per il 3 b, a maggior rischio di evoluzione in end stage, la dieta si restringe a livelli simili agli stadi IV e V più avanzati.



Figura 16 di 30.



Figura 17 di 30.



Figura 18 di 30.



Figura 19 di 30.



Figura 20 di 30.



Figura 21 di 30.



Figura 22 di 30.



Figura 23 di 30.



Figura 24 di 30.



Figura 25 di 30.

(19/121) no dieta



Figura 26 di 30.



Figura 27 di 30.



Figura 28 di 30.



Figura 29 di 30.

Cosa possiamo concludere? la dieta ipoproteica nell’IRC riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel controllo delle alterazioni metaboliche e delle complicanze cliniche, in aggiunta o indipendentemente al rallentamento della progressione del danno renale e dell’ingresso in dialisi.

E’ quindi parere di molti specialisti autorevoli sull’argomento che il termine “dieta” vada sostituito con il termine “terapia dietetico-nutrizionale” che esprime in modo più esauriente i suoi potenziali vantaggi nel trattamento conservativo della mal renale cronica. 



Figura 30 di 30.




Per inserire una domanda, segnalare la tua esperienza, un tuo commento o una richiesta di precisazione fai il login con il tuo nome utente e password.

Se non lo sei ancora puoi registrati partendo da qui.

La piattaforma web su cui condividere in maniera semplice, efficace ed interattiva le conoscenze nefrologiche attraverso la pubblicazione online di documenti multimediali.

INFORMATIVA

NephroMEET accoglie come documenti con marchio SIN quelli approvati da: Comitati e Commissioni ufficiali SIN, Gruppi di Studio SIN, Sezioni Regionali/Interregionali SIN.

Il Consiglio Direttivo SIN si riserva inoltre la facoltà di certificare con marchio SIN altri documenti qualora lo ritenga opportuno.

Gli Autori si assumono in ogni caso la responsabilità dei contenuti pubblicati.

I contenuti pubblicati sono riservati ad un pubblico esperto nel settore medico-scientifico.

Seguici su Twitter

Developer e partner tecnologico:
TESISQUARE®

Assistenza telefonica allo 0172 476301
o via mail

Cookie Policy