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pubblicata il  29 ottobre 2013 
Da Sandro Mazzaferro
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Congresso

IL CONTROLLO DEL FOSFORO NELL’INSUFFICIENZA RENALE DALLA FASE CONSERVATIVA ALLA DIALISI: QUALI STRATEGIE?

I Sessione - Moderatore: G.M. Frascà

Omeostasi del fosforo: new insights

Figura 1 di 21.



Figura 2 di 21.

Il P è il 15° elemento della tavola; essendo non metallico è altamente reattivo ed esiste in natura solo come fosfato. È infatti generalmente legato a 4 atomi di Ossigeno, variamente idrogenato.



Figura 3 di 21.

Nelle soluzioni acquose, a seconda del pH, sono possibili quattro forme di fosfato, variamente idrogenato.



Figura 4 di 21.

È utile ricordare che il fosfato esiste anche in forme polimeriche (di-, tri-, o meta- fosfato), con funzioni biologiche assai differenti.



Figura 5 di 21.

Le funzioni biologiche nelle quali è coinvolto il PO4 sono numerose e tutte di estrema importanza, come riportato nell’elenco. Un cenno a parte meritano la compartimentalizzazione ed il frazionamento del fosfato nei tessuti e nel sangue.



Figura 6 di 21.

Ad esempio, vi è una netta differenza di concentrazione del fosfato tra intra-cellula ed extra-cellula. Infatti, il fosfato intracellulare risulta essere circa 50 volte maggiore di quello circolante. È pertanto evidente che devono esistere meccanismi che regolano ad un livello più elevato la quantità di fosfato dentro la cellula. È interessante sottolineare che, al contrario, la concentrazione intracellulare del Ca è molto bassa, indicando la presenza di meccanismi che estromettono attivamente e continuamente il Ca dal citoplasma.



Figura 7 di 21.

Le concentrazioni sieriche di fosfato variano nelle varie fasce di età, in particolare i livelli risultano aumentati durante il periodo di accrescimento neonatale, per poi stabilizzarsi a partire dall’età infantile fino a quella adulta. Ciò indica che il fabbisogno e la regolazione del metabolismo del fosfato si modifica con l’età.



Figura 8 di 21.

A livello intestinale l’assorbimento di Pi è prevalentemente passivo, per diffusione, ed i meccanismi attivi intervengono solo quando la dieta è nettamente povera di P. Il trasporto attivo è regolato da un co-trasportatore Na-P tipo 2b, presente a livello della membrana basale laterale. Un co-trasportatore Na-P molto simile è presente a livello tubulare renale (typo 2a), dove il trasporto prevalente è, invece, quello attivo.



Figura 9 di 21.

Il trasporto attivo attraverso la membrana apicale delle cellule (digiunali e tubulari ma anche altri tipi) è regolato dall’espressione e dall’attività biologica di tre specifici co-trasportatori di membrana sodio-dipendenti, tutti membri della famiglia SLC (solute carriers). L’espressione di questi co-trasportatori è controllata da numerosi fattori, tra cui ormoni (es. FGF23, PTH e calcitriolo) ed altre sostanze (es. pH, concentrazioni di P), consentendo in questo modo la regolazione omeostatica dei fosfati.



Figura 10 di 21.

Se ci si chiede quale sia il ruolo dell’osso nel controllo omeostatico dei fosfati, è ormai ben accertato che i flussi di calcio e di fosfato, in entrata e in uscita dall’osso, possono influenzare le concentrazioni sieriche di fosfato, attraverso meccanismi complessi controllati da diverse sostanze (ormonali, fattori circolanti..).



Figura 11 di 21.

L’individuazione di sostanze con attività endocrina e paracrina prodotte dalle cellule ossee (FGF23 e Osteocalcina), consente di considerare l’osso come una nuova “ghiandola endocrina” in grado di svolgere un ruolo di rilievo nella fisiologia del metabolismo minerale (regolazione della vitamina D e dei fosfati) e del “metabolismo energetico” (regolazione della secrezione e sensibilità insulinica).



Figura 12 di 21.

L’FGF23 prodotto dall’osso esercita le proprie attività biologiche attraverso l’interazione con un recettore di membrana (FGFR). Tuttavia l’affinità di FGF23 per il suo recettore è molto bassa ed è quindi necessaria la presenza di cofattori perché avvenga l’interazione FGF23-FGFR. In particolare Klotho, una proteina prodotta prinicipalmente a livello renale, è essenziale per consentire l’attività ormonale di FGF23.



Figura 13 di 21.

L’espressione tissutale di Klotho è documentabile principalmente a livello renale e paratiroideo, dove determina gli effetti di FGF23. Tuttavia Klotho esiste anche in forma solunìbile, circolante, ed è interessante sottolineare che sono stati individuati diversi effetti di questo Klotho solubile, indipendenti dalla interazione con FGF23. L’inibizione o l’attivazione di sistemi di trasporto o di varie sostanze, prodotte da Klotho circolante, sono responsabili di alcune regolazioni delle funzioni cellulari che risultano di rilievo nel metabolismo calcio-fosforico, nella patogenesi delle calcificazioni vascolari (VC), nel metabolismo energetico e nei processi di invecchiamento.



Figura 14 di 21.

Gli animali transgenici, knock-out per i geni di FGF23 e Klotho hanno hanno documentato lo stretto link fenotipico e metabolico tra FGF23 e Klotho. Entrambe gli animali sono caratterizzati da elevati livelli sierici di fosfato, di calcitriolo e di calcio, oltre che da calcificazioni ectopiche, distrofia ossea ed invecchiamento precoce.



Figura 15 di 21.

Molto stretto è il legame funzionale tra Fosforemia, vitamina D ed FGF23. Elevati livelli sierici di P e/o 1,25-diidrossivitamina D stimolano la produzione di FGF23 da parte delle cellule ossee. L’interazione Klotho-FGF23 a livello renale incrementa l’endocitosi ed inibisce la sintesi del co-trasportatore Na–Pi 2a a livello tubulare. In tal modo si riduce il riassorbimento renale di fosfato con conseguente calo dei livelli sierici. L’attivazione dell’FGFR inoltre inibisce l’1-alfa-idrossilasi e stimola la sintesi della 24,25-idrossilasi, riducendo quindi la produzione di calcitriolo.



Figura 16 di 21.

Fosforemia e livelli di calcitriolo costituiscono dunque un sistema di feed-back sistemico con FGF23. Tuttavia occorre ricordare che la sintesi di FGF23 a livello osseo è regolata da fattori locali (proteine non collageniche dell’osso) che a vario modo e con meccanismi non del tutto compresi influenzano la produzione di FGF23 da parte delle cellule ossee.



Figura 17 di 21.

L’esistenza anche nell’uomo di malattie dovute ad alterata sintesi o produzione di FGF23 testimonia la rilevanza biologica di questa proteina. Come illustrato in tabella, sono noti quadri clinici specifici di eccessiva o insufficiente produzione di FGF23: il rachitismo ipofosforemico nelle forme X-linked (XLH), autosomico dominante (ADHR) o recessivo (ARHP), la displasia fibrosa o sindrome di Mc Cune-Albright e la calcinosi tumorale familiare. Tutte caratterizzate alterazione dei livelli di P, calcitriolo ed FGF23. E’ interessante notare che alcune sono dovute ad alterata sintesi di proteine ossee che, come abbiamo detto, influenzano la sintesi di FGF23.



Figura 18 di 21.

Anche per Klotho esistono mutazioni genetiche umane che si caratterizzano per la presenza di alterazioni del metabolismo minerale e di calcificazioni.



Figura 19 di 21.

Per questo motivo i livelli di FGF23 vengono oggi considerati come un possibile marcatore biochimico non solo di alterazioni del metabolismo minerale ma anche di patologia cardiovascolare. Lo studio delle interazioni tra livelli circolanti di FGF23 e carico dietetico di fosfati in particolare nei malati renali è solamente alle fasi iniziali. E’ interessante evidenziare i risultati di un recente studio che ha studiato l’interazione tra livelli di FGF23 e frazione di escrezione del fosfato: livelli di FGF23 e ridotta FE dei fosfati sono risultati predittori di mortalità ed eventi cardiovascolari, indipendentemente dai livelli di PTH e dal grado di funzionalità renale. Si suggerisce che una resistenza renale all’azione dell’FGF23 ne determini l’aumento dei livelli circolanti e che tale condizione abbia risvolti cardiovascolari negativi.



Figura 20 di 21.

D’altra parte un eccessivo carico di fosforo con la dieta è risultato associato ad incremento della massa ventricolare sinistra.



Figura 21 di 21.




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