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La rete delle conoscenze nefrologiche

Lo spazio di discussione interattiva
Presidente e CD SIN

Diagnosi precoce di malattia renale

VALORIZZARE LA DIAGNOSI PRECOCE DI MALATTIA RENALE E’ IMPORTANTE PER IL PAZIENTE E PER LA FIGURA PROFESSIONALE DEL NEFROLOGO

(PROGETTO  SIN n 1)

È ormai patrimonio scientifico consolidato che ACE-I/sartanici rallentino l’evoluzione della malattia renale cronica verso l’insufficienza renale. Questa conoscenza ha rappresentato un grande passo avanti nella nefroprotezione tardiva, a danno renale consolidato, ed arrivare alla dialisi qualche anno dopo o addirittura stabilizzare una situazione evolutiva arrestando la progressione sono stati avanzamenti che hanno inorgoglito i Nefrologi da 20 anni ad oggi.

Per dimostrare l’effetto degli inibitori dell’angiotensina si sono, necessariamente, utilizzate condizioni sperimentali estreme, quali la nefrectomia 5/6 o danni renali severi da tossici quali adriamicina. Sono state create situazioni rapidamente progressive che potessero convincere dell’effetto di questi farmaci come inibitori della sclerosi e della proteinuria da sovraccarico glomerulare.

Analogamente, quando sono stati disegnati i trials per confermare questi dati in vivo, sono stati scelti soggetti con funzione renale già compromessa e spesso con proteinuria importante e ipertensione secondaria, condizioni molto severe ed avanzate in cui potesse risultare ben evidente, in un tempo di studio di pochi mesi-anni, il beneficio degli inibitori dell’Angiotensina e il rallentamento nella progressione del danno renale.

Come accade per terapie universalmente riconosciute, il loro uso entra rapidamente nella pratica quotidiana. Quando sono stati scoperti gli antibiotici e il beneficio provato, il loro uso è diventato  patrimonio di tutti i medici non più solo di specialisti. Però mentre per le malattie infettive l’introduzione degli antibiotici non ha annullato la volontà di conoscere il germe e la sede di origine dell’infezione, in Nefrologia l’evoluzione delle conoscenze ha indotto una fase che lascia spazio ad un’involuzione del sapere ed ad uno sminuimento della figura stessa del Nefrologo.

Il messaggio percepito dai medici di medicina generale è stato che quando un soggetto ha una insufficienza renale anche lieve, con proteinuria significativa, con o senza ipertensione secondaria, il trattamento di elezione sono ACE-inibitori o sartanici indipendentemente dalla causa iniziale, sia essa da perdita di nefroni per sclerosi da glomerulo nefrite, da sclerosi da ipertensione severa o da nefrite interstiziale cronica di varia origine. Non si vede in questo scenario la necessità di un Nefrologo, perché un Internista è sufficiente a iniziare una terapia così consolidata. 

D’altronde quando la decisione di trattamento è tanto tardiva, è corretto un approccio aspecifico rivolto a ridurre la proteinuria indipendentemente dalla conoscenza del danno iniziale, poiché la sclerosi glomerulare e la fibrosi interstiziale associata sono un processo monomorfo, che non dipende più il meccanismo patogenetico originale, e la proteinuria in fase avanzata  è espressione  di sovraccarico glomerulare funzionale di qualsiasi origine. 

Nella pratica clinica la comparsa di modesta proteinuria in un paziente in osservazione con microematuria e lieve ipertensione arteriosa senza una diagnosi di malattia causale spesso induce all’uso di ACE-I/sartanici senza esecuzione di biopsia renale, seguendo il concetto che in ogni caso l’inibizione dell’angiotensina ottiene il risultato possibile fare sul rallentamento della sclerosi.

La conoscenza che soffrire di malattia renale cronica significa avere un fattore di rischio di malattia cardio-vascolare tanto severo da morire per questa causa prima di arrivare alla dialisi, ha d’altro canto ulteriormente limitato l’interesse a individuare la causa di danno renale, poiché, indipendentemente dal fattore iniziale, la presenza di albuminuria anche in tracce aumenta il rischio non solo di perdere la funzione renale ma anche di morire di accidente cardio-vascolare.  Anche la conseguenza di questo grande avanzamento conoscitivo è stata complessivamente riduttiva per la figura del Nefrologo, limitando la richiesta di un suo intervento (addirittura spesso sostituito dal Cardiologo) alla scelta del momento di inizio di una terapia con inibitori dell’Angiotensina.

Analogamente infine anche per la nefropatia diabetica l’intervento del Nefrologo spesso è  limitato a inserire più o meno precocemente questi preziosi farmaci nefroprotettivi per lo più senza diagnosi bioptica renale.

La tendenza della Nefrologia nell’ultimo decennio rischia di portare ad un indebolimento del messaggio finale che, come per ogni condizione patologica, scandisce la necessità di diagnosi precoce del particolare tipo di danno renale che condiziona diverse possibili scelte terapeutiche. Il successo di aver identificato farmaci efficaci per rallentare il danno renale consolidato sembra avere avuto e continuare ad avere il risultato di passare in secondo piano il messaggio ai Medici di Medicina Generale, ai Medici Internisti ed anche chi controlla come Manager la nostra attività nella Sanità, che la funzione del Nefrologo possa essere ancora più efficiente, più specialistica e difficile identificando e trattando i casi prima che il processo sia consolidato e quindi irreversibile, prima del punto di non ritorno. Molte malattie  renali  immunologiche  possono non solo essere rallentate ma curate se diagnosticate tempestivamente.

Il concetto che la terapia nefrologica si instaura solo quando sono comparsi fattori di rischio certi per la progressione, quali una proteinuria severa, ha scoraggiato l’indagine bioptica già di base non gradita ai pazienti ed ai medici che si assumono la responsabilità dell’atto. Di fronte al riscontro di microematuria anche importante la biopsia viene indicata in genere solo se si associa proteinuria,  ed in caso di proteinuria isolata la biopsia viene consigliata solo quando supera il grammo/die. E’ possibile perdere spazi di intervento preziosi. Molti medici dello sport, che riscontrano frequenti anomalie orinarie asintomatiche, non considerano grave che un ragazzo o un giovane adulto abbia episodi di macroematuria o microematuria isolata persistente o modesta proteinuria. Il soggetto giovane, atletico come quasi tutti sono oggi, ed asintomatico, preferisce continuare a credere nel mito dell’eterna giovinezza e salute piuttosto di realizzare che ha un problema  medico da monitorizzare che potrebbe avere conseguenza gravi.

La condizione ricorda quella, frequente in passato e ora in via di correzione,  di un soggetto che in buona salute si trovava una ipertensione arteriosa asintomatica, e la cui prima reazione era di pensare che fosse “costitutiva” e non dannosa anche per un fisico forte di struttura.

Chi ha una iperglicemia non aspetta il coma diabetico per prendere coscienza che ha un problema.

Conoscere le anomalie della propria salute, e questo include microematuria e modesta proteinuria, è in ogni caso un buon inizio per controllarne la progressione. Al contrario negli ultimi tempi si è assistito a un atteggiamento “all’americana” per cui molti medici preferiscono dare un ACEI/sartanico  nei casi modesti e aspettare che compaiano segni di aggravamento della proteinuria o della funzione renale per decidere di fare una biopsia renale. Si perde così il valore di questo esame per la diagnosi precoce e una terapia applicata prima di un punto di non ritorno. Uno scarso utilizzo della biopsia renale porta ad un aumento della mancanza di diagnosi nei pazienti che entrano in dialisi.

Secondo i dati del Registro Italiano di Dialisi e Trapianto (RIDT) relativi al 2008, i pazienti arrivano alla dialisi:

  • nel 22% senza diagnosi di malattia causale,  
  • nel 23% con diagnosi generica di malattia vascolare spesso sulla base di sola ipertensione, 
  • nel 20% hanno diagnosi di nefropatia diabetica, anche se vari studi bioptici dicono che almeno un terzo di  essi  hanno una nefropatia primitiva sottostante. 

In molti soggetti trapiantati compare una glomerulonefrite  che è apparentemente de novo, spesso solo per mancanza di diagnosi sul rene nativo. Dati più recenti di studi italiani collaborativi su pazienti in CKD meno avanzata riferiscono prevalenze di glomerulonefriti in più del 30% dei casi.

L’arrivo alla dialisi ed al trapianto senza diagnosi rappresenta un risultato molto povero, accettabile solo se fossimo certi che l’intervento del nefrologo non sarebbe in ogni caso servito a nulla. Questo è nichilismo inaccettabile, che si ribalta in una svalutazione della nostra Professione.

Identificare e diagnosticare con precisione malattie suscettibili di intervento in fasi precoci, quando è ancora possibile indurre una regressione del meccanismo patogenetico iniziale può esitare in remissione o guarigione completa mentre in fasi più tardive si potrebbe al più ottenere un rallentamento della progressione del danno renale. 

 Scopo del progetto n 1 della SIN

  1. Evidenziare agli occhi dei cittadini, delle istituzioni, dei colleghi e dei media l’utilità del Mestiere del Nefrologo fin dalla fasi iniziali della malattia di rene.
  2. Dimostrare che la diagnosi precoce serve in molti casi (non trascurabili dal punto di vista della health technology assessment) per arrestare la malattia (“legacy effect, o effetto memoria”, come la terapia precoce nelle fasi iniziali del diabete) probabilmente per un “reset” del sistema immune non ancora irreversibilmente condizionato e per non farla arrivare al punto di non ritorno.
  3. Ottimizzare i percorsi diagnostico-terapeutici in termini costo-beneficio.

 Il Nefrologo deve riappropriarsi di una figura e di conoscenze che sono uniche e che ne definiscono la non sostituibilità. Non è certo questo l’unico campo del nostro sapere che dobbiamo rimettere in luce ma i Soci SIN dovrebbero considerare che riprendere in mano le fasi iniziali della diagnosi di malattia renale, senza aspettare un danno consolidato per poi limitarsi a prescrivere un inibitore dell’Angiotensina può rappresentare un mezzo di rivalutazione della nostra figura professionale, oltre che di beneficio per i pazienti. Dobbiamo riprendere alcune posizioni di prestigio medico fra i colleghi, per dimostrare che abbiamo identità e competenze uniche e non interscambiabili con altri medici non solo nel trattamento tardivo ella malattia renale cronica ma fin dalle fasi iniziali, troppo spesso sottostimate, della malattia renale.

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release  1
pubblicata il  03 giugno 2011 
Da Rosanna Coppo
Parole chiave: diagnosi precoce di malattia renale

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