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Best practice

Il catetere per dialisi peritoneale

Malfunzionamento

Matthias Zeiler – U.O. Nefrologia e Dialisi – Ospedale “Carlo Urbani” – Jesi (AN)

Introduzione

Il malfunzionamento del catetere peritoneale comporta l’impossibilità di eseguire in maniera adeguata la dialisi peritoneale (DP), condiziona la sopravvivenza tecnica del catetere e spesso anche il proseguimento della metodica dialitica. Il rischio di malfunzionamento del catetere peritoneale è di circa il 15% l’anno [1] [2]. Le tecniche di posizionamento che prevedono  l’esecuzione di procedure quali l’omentectomia, l’omentopessia, la tunnellizazione nel retto o la fissazione intra-addominale, sembrano presentare una ridotta insorgenza di malfunzionamento [3], [4].

L’anamnesi può essere importante per identificare cause di malfunzionamento come la presenza di costipazione, di frustoli di fibrina e di liquido peritoneale ematico durante lo scarico. La posizione che il paziente deve assumere per evitare problemi di drenaggio può essere indicativa della posizione del catetere all’interno della cavità addominale.

Una radiografia dell’addome in proiezioni antero-posteriore e laterale ed, eventualmente, anche in posizione supina, è necessaria per accertare la posizione del catetere, per confermare il sospetto di una sua dislocazione o angolazione e per evidenziare l’intasamento fecale del colon [5], [6].

Le metodiche di salvataggio del catetere peritoneale malfunzionante possono essere distinte in tecniche non invasive o conservative e tecniche invasive che necessitano di un intervento chirurgico.

Revisione della letteratura

Tecniche non invasive nel trattamento del malfunzionamento 

Le tecniche non invasive utilizzate maggiormente mirano ad ottenere la pulizia intestinale: sono il clistere evacuativo ed i lassativi. In caso di malfunzionamento, secondario a dislocazione del catetere al fuori dalla cavità pelvica, è molto spesso efficace l’uso di lassativi drastici quali il Polietilenglicole (Selg Esse, Isocolan), che vengono impiegati come per la preparazione del colon alle manovre colonscopiche; il razionale di questa metodica è quello di stimolare la peristalsi intestinale e favorire un eventuale riposizionamento naturale.

Per la disostruzione di un catetere con problemi di carico e scarico da ostruzione del lume sicura o sospetta, talvolta sono efficaci le manipolazioni intraluminali come l’introduzione di liquido di dialisi a pressione positiva (spremitura della sacca) o negativa (aspirazione con siringa), l’introduzione di eparina o di urochinasi [7], di spazzolini endoscopici [8], di cateteri ureterali (diametro: 5-6 Fr) o  del catetere di Fogarty [9].

Manipolazioni sotto controllo fluoroscopico con catetere di tipo Fogarty [10], con filo-guida flessibile (singolo e doppio) [10] [11] o con filo-guida rigido (alpha-replacer) [12], [13], [14] vengono descritti come interventi efficaci nel 60%-80% dei casi.

Sempre nelle dislocazioni, un gruppo cinese ha proposto una metodica di riposizionamento manuale che avrebbe avuto successo, dopo multipli tentativi, in più dell’80% dei casi trattati [15]

Tecniche invasive nel trattamento del malfunzionamento 

Le tecniche invasive, come la laparotomia e la videolaparoscopia, sono indicate in caso di persistente malfunzionamento dopo insuccesso delle tecniche non invasive. Esse rilevano direttamente le cause di malfunzionamento del catetere peritoneale e rendono possibile il loro trattamento. La videolaparoscopia ha soppiantato la laparotomia in considerazione della sua mini-invasività, che determina un recupero molto rapido del paziente e la possibilità di una ripresa immediata della dialisi [16], [17], [18], [19] [20], [21], [22], [23], [24], [25], [26], [27]. Alcuni Autori hanno proposto, in alternativa alla videolaparoscopia,  l’allestimento di una minilaparotomia con esternalizzazione manuale del segmento intra-peritoneale del catetere, successiva rimozione del tessuto occludente e riposizionamento del catetere in cavità addominale [28]. Noi riteniamo che questa tecnica possa essere pressa in considerazione solo se la videolaparoscopica non è disponibile [24].

L’intervento in videolaparoscopia viene effettuato in anestesia generale. La scelta dei punti di ingresso alla cavità addominale dipende dalla posizione del catetere e dalla ubicazione di pregressi accessi alla cavità addominale. Il primo punto d’ingresso, mediante una minilaparotomia, viene allestito nel lato addominale opposto alla posizione della punta del catetere, evidenziata mediante Rx, per accertare e trattare le cause del malfunzionamento con un solo accesso; questo può avvenire utilizzando uno strumento munito di canale operativo (laparoscopio 0 gradi, canale operativo del diametro di 5 mm, Karl Storz, Tuttlingen, Germany). Attraverso il trocar (diametro 10 mm) si effettua il pneumoperitoneo con anidride carbonica, alla pressione intra-addominale di 12 mmHg. Raramente sono necessari ulteriori ingressi (Figura 1 , Figura 2) , che vengono allestiti con la stessa tecnica della minilaparotomia. Per il salvataggio di un catetere peritoneale vengono utilizzati gli strumenti normalmente impiegati per la chirurgia videolaparoscopica addominale.

La causa del malfunzionamento è rappresentata, nell’80% dei casi, dalla dislocazione e/o dall’avvolgimento attorno al catetere del tessuto omentale (omental wrapping) [16], [17], [18], [19], [20], [21], [22], [23], [24], [25], [26], [27] [Figura 3]. Altre cause sono: aderenze [Figura 4, Figura 5], trombosi endoluminale, angolazione del catetere, occlusione da tessuto annessiale [Figura 6] o appendici epiploiche, errato posizionamento pre-peritoneale del catetere. La metodica consente di trattare le suddette complicanze mediante riposizionamento nella cavità pelvica, sbrigliamento o “unwrapping”, disostruzione meccanica endo [Figura 7, Figura 8] ed extraluminale. ancoraggio [Figura 9].

Inoltre vengono proposti interventi specifici per prevenire la recidiva del malfunzionamento del catetere, come omentectomia, omentopessia, omental folding [29], resezione di appendici epiploiche, adesiolisi, fissazione del catetere alla parete addominale anteriore [24] [Figura 10] o nella cavità pelvica. Questi interventi preventivi sembrano essere efficaci nel ridurre la recidiva del malfunzionamento del catetere a lungo termine [26], [29], [30].

Le complicanze della metodica sono principalmente rappresentate da ileo dinamico transitorio, peritonite ed infezione del tunnel, sanguinamento, ernia ombelicale ed incisionale, leakage sottocutaneo, edema scrotale [Figura 11] o delle labbra vulvari e, raramente, perforazione intestinale. L’incidenza di complicanze è tra 0,04% [24] e 17,3% [23] nelle più recenti pubblicazioni. E’ consigliata una terapia profilattica antibiotica per ridurre le complicanze infettive.

Il successo del trattamento videolaparoscopico del malfunzionamento è di oltre il 90% dei casi trattati, a breve termine. La sopravvivenza tecnica del catetere viene prolungata in media di 6-9 mesi [19], [24].

Discussione

La gestione del malfunzionamento del catetere peritoneale dovrebbe seguire una sequenza di procedure delineate nel diagramma di flusso quì riportato (Malfunzionamento). L’insuccesso delle procedure non invasive indirizza il paziente verso l’intervento in videolaparoscopia.

Con il percorso ‘procedure non-invasive seguito dalla videolaparoscopia’ quasi tutti i cateteri malfunzionanti possono essere recuperati.

Raccomandazioni più aggiornate sono le seguenti:

  • L’anamnesi del paziente e la radiografia dell’addome indirizzano verso la scelta della tecnica non invasiva alla quale sottoporre il paziente;
  • la pulizia intestinale e le manipolazioni intra-luminali del catetere fanno recuperare più della metà dei casi di malfunzionamento;
  • il recupero del catetere in videolaparoscopia è indicato in caso di insuccesso delle tecniche non invasive;
  • le manovre da effettuare con la videolaparoscopia dovrebbero non solo tendere al recupero della funzione del catetere peritoneale nell’immediato, ma anche a prevenire le complicanze responsabili della recidiva del malfunzionamento.
Documenti allegati

BibliografiaReferences

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release  1
pubblicata il  27 settembre 2012 
Da Stefano Santarelli
Parole chiave: catetere peritoneale, malfunzionamento
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