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Best practice

Il catetere per dialisi peritoneale

Infezioni dell'exit-site e del tunnel (diagnosi e terapia conservativa)

Gian Maria Iadarola - P.O. Torino Nord Emergenza San Giovanni Bosco - ASL TO2 – Torino 

Introduzione

Le infezioni dell’exit-site (ES) e del tunnel del catetere per dialisi peritoneale (DP) sono complicanze di impatto significativo sull’andamento della DP e come tali devono essere affrontate. Oltre a determinare un processo flogistico locale, tali infezioni possono propagarsi e determinare la comparsa di peritoniti recidivanti e ricorrenti. Il rischio di peritonite sembra essere in relazione al microrganismo infettante. Le infezioni dell'ES da Staphylococcus epidermidis raramente si complicano con infezioni del tunnel e/o con peritoniti, mentre quelle da Stafilococco aureo o da Pseudomonas aeruginosa lo fanno molto frequentemente e portano spesso a perdita del catetere [1]. 

Infezione dell’ES

L’ES sano è asciutto, non presenta sangue o pus ed è definito dall’assenza di arrossamento, tumefazione e crosta [2].

Non esiste una definizione di infezione dell’ES accettata universalmente. Per la peritonite esistono criteri diagnostici chiari e semplici: altrettanto non si può dire per l’infezione dell’ES. Questo fatto e la tendenza alla cronicizzazione rendono difficile una valutazione epidemiologica e il confronto dei diversi approcci preventivi.

Secondo le linee-guida della SIN del 2003 [3], il lavoro più esaustivo per definire i criteri diagnostici ha proposto una classificazione basata sull'attenta valutazione dell'aspetto dell'ES integrata dall'uso di lente d'ingrandimento e della macrofotografia [4], [5]; la metodica è però complicata ed i risultati non sono confermati da esperienze significative di altri gruppi. È consigliabile, secondo le linee-guida SIN, per monitorare le infezioni dell'ES, una scheda di valutazione infermieristica che esamini i segni d'infiammazione: arrossamento, secrezione, tessuto di granulazione e dolore. Con questi segni è possibile classificare le alterazioni dell'ES adottando il sistema più agile e pragmatico proposto nel 1993 dal Gruppo Cooperativo per lo Studio della DP in Italia [6]:

 

  • Emergenza sana

Colore dell’emergenza naturale, senza crosta o arrossamento né secrezione purulenta o sierosa

  • Emergenza da osservare

Presenza di crosta, o arrossamento senza secrezione purulenta, presenza di cheloide senza secrezione sierosa o purulenta, presenza di secrezione sierosa durante la maturazione dell’emergenza (primi 2-3 mesi)

  • Emergenza da trattare

Secrezione purulenta e/o sierosa associata ad arrossamento della cute circostante e a coltura positiva

 

In alternativa la revisione ISPD del 2005 [7],  fermo restando che la secrezione purulenta dell’ES indica la presenza di infezione, mentre il solo eritema non sempre rappresenta un segno di infezione (evidenza), propone un sistema a punteggio per la valutazione dell'ES, secondo il quale esso può essere sicuramente considerato infetto se totalizza almeno 4 punti:           

 

0 punti

            1 punto          

2 punti           

Edema

no

Solo ES

>0.5 cm ES e/o tunnel

Crosta

no

>0.5 cm

Arrossamento

no

>0.5 cm

Dolore

no

Modesto

Severo

Secrezione

no

Sierosa

Purulenta*

*la secrezione purulenta, anche da sola, permette di definire l’ES come infetto

Tuttavia, un punteggio inferiore a 4 punti non esclude la presenza di infezione. 

Infezione del tunnel

Le infezioni del tunnel in genere esordiscono con la presenza di una tumefazione palpabile e/o di un dolore nel tragitto sottocutaneo del catetere accompagnati, talvolta, dalla comparsa intermittente di secrezione dall’exit-site [3]. Esse a volte sono occulte e possono essere evidenziate dall’ecografia del tragitto sottocutaneo [8]. L’infezione del tunnel abitualmente si verifica in concomitanza di una infezione dell’ES, raramente può esordire in modo autonomo [9].   

Il ruolo dell’ecografia nella diagnosi e nel monitoraggio delle infezioni del tunnel del catetere per dialisi peritoneale

L’ecografia del tunnel del catetere per DP è un esame assai utile nella diagnostica e nella gestione delle sue infezioni. Permette di identificare aree di ipoecogenicità intorno alle cuffie in dacron del catetere e lungo il decorso sottocutaneo. La definizione di significatività è in relazione al diametro massimo dell’area ipoecogena che, secondo alcuni autori, non deve essere inferiore ai 2 mm [10] lungo qualsiasi porzione del decorso del catetere. In altre esperienze la persistenza di un’area di ipoecogenicità di spessore > di 1 mm, soprattutto al termine del ciclo di antibioticoterapia è associata a risultati clinici sfavorevoli, così come nel caso di un coinvolgimento della cuffia profonda [11].

La sonda ecografica che risulta più adatta ad ottenere, nel caso specifico, le migliori immagini è una  lineare da 7.5 MHz  [10], [8]. L’importanza dell’ecografia nella diagnosi precoce delle infezioni del tunnel e del loro follow-up è ben documentata, mentre altre indicazioni sono discutibili. Un tentativo di razionalizzazione delle indicazioni è quello di Vychytil nel 1999 [12] che ritiene, sulla base di un’ampia casistica di 738 esami in 114 pazienti, che l’ecografia del tunnel possa trovare o meno indicazione nei seguenti casi: 

Ecografia del tunnel indicata se:

  • infezioni dell’ES (soprattutto se si reperta alla coltura uno St. aureus);
  • follow-up delle infezioni del tunnel (soprattutto a due settimane dall’avvio della terapia antibiotica);
  • peritonite in pazienti con segni clinici di infezione dell’ES;
  • peritonite persistente/ricorrente (indipendentemente dall’aspetto dell’ES).

Ecografia del tunnel non indicata se:

  • screening di routine;
  • ricerca di foci flogistici in assenza di segni clinici di infezione dell’ES o del tunnel;
  • peritonite in assenza di segni clinici di infezione dell’ES o del tunnel;
  • dolore in corrispondenza del decorso del tunnel in assenza di segni clinici di infezione dell’ES o del tunnel.

 

L’ecografia del tunnel sembra essere utile, quindi, oltre che nella visualizzazione di zone ipoecogene lungo il tragitto sottocutaneo del catetere e nella misurazione dell’entità del coinvolgimento dei tessuti da parte di processi flogistici, anche nel monitoraggio dell’andamento clinico in risposta alla terapia adottata, controllando il grado di regressione delle aree ipoecogene nel tempo.

Essa permette inoltre di stabilire, sia nel caso di mancata regressione del processo, sia nel caso di una non completa risoluzione, quando persista un’area flogistica anche se ridotta (in particolare con infezioni da S. Aureus e P. Aeruginosa), il timing di un eventuale intervento di “cuff shaving”. Secondo le linee-guida della SIN del 2003, l'ecografia del tunnel sottocutaneo sembra essere utile per valutare l'estensione di un suo eventuale coinvolgimento nell’infezione, per giudicare la risposta alla terapia e per decidere se effettuare la revisione chirurgica, la rimozione/sostituzione del catetere, o la prosecuzione della terapia antibiotica (opinione) [3]. I risultati clinici nelle infezioni dell’ES da P. Aeruginosa sono generalmente scadenti, in modo uniformemente poco correlato con i reperti dell’esame ecografico [9]

Tampone colturale

Le linee-guida ISPD [9] confermano l’importanza  dell’esame colturale nella completa definizione diagnostica dell’infezione dell’ES e del tunnel del catetere per DP, anche al fine di guidare la terapia. L’esame colturale deve essere eseguito su tampone della secrezione dall’ES o sull’eventuale secrezione da fistolizzazione di un ascesso del tunnel (in assenza di secrezione dall’ES).

La ricerca microbiologica dovrebbe includere la coltura di microorganismi aerobi ed anaerobi in combinazione con l’indagine in microscopia ottica. Il risultato della colorazione di Gram, se disponibile, e soprattutto il referto colturale con antibiogramma devono guidare la terapia.

D’altra parte, una coltura positiva in assenza di segni di flogosi indica solo colonizzazione e non infezione e non richiede terapia ma una prudente sorveglianza. In tali condizioni è consigliata  l’intensificazione della pulizia dell’ES con antisettici [9].

La coltura andrebbe effettuata soltanto quando l’ES presenta segni chiari o sospetti di flogosi ed è importante che questo venga fatto prima di iniziare il trattamento topico e/o generale [3]

Ceppi batterici

Le infezioni dell’ES e del tunnel possono essere causate da vari microorganismi. Sebbene lo S. Aureus e lo P. Aeruginosa siano responsabili della maggior parte delle infezioni, altri batteri possono determinare infezioni dell’ES e del tunnel; pertanto devono essere ricercati difteroidi, organismi anaerobi, batteri non fermentanti, Streptococchi, Mycobatteri non tubercolotici, Legionelle, lieviti e funghi). Anche micro-organismi presenti nella normale flora batterica cutanea, come il Corynebacterium, possono determinare infezioni dell’ES e del tunnel del catetere [9]. Le infezioni dell’ES da S. Aureus e da P. Aeruginosa sono spesso associate a concomitanti infezioni del tunnel e spesso evolvono in peritoniti (evidenza). Un management aggressivo è sempre indicato in presenza di questo tipo di batteri [9]

Trattamento

E’ consigliabile, nel caso di infezione accertata o sospetta, intensificare le medicazioni degli ES infetti effettuandole quotidianamente, anche se i protocolli del Centro prevedono una maggiore dilazione di esse [3].

Utile cauterizzare l’eventuale tessuto di granulazione esuberante, purché non secernente, con matita di nitrato d’argento, avendo cura che l’applicazione sia localizzata e breve, per evitare il rischio di piaghe o di danno dei tessuti sani circostanti [3].

La terapia antibiotica empirica deve essere iniziata immediatamente e deve sempre coprire lo S. Aureus. Se il paziente ha una storia di infezioni dell’ES da P. Aeruginosa, la terapia empirica deve comprendere un antibiotico attivo contro questo microorganismo [9].

In alternativa, quando il quadro clinico e ultrasonografico sia compatibile, si può decidere di differire l’avvio della terapia antibiotica fino a che i risultati delle colture microbiologiche siano disponibili ed in grado di guidare la scelta dell’antibiotico [9].

In attesa del risultato della coltura, nelle infezioni dubbie o lievi ed in assenza di secrezione purulenta, di fragilità cutanea, di edema [9], può essere utile una terapia topica isolata (mupirocina, gentamicina, ecc) [3]. Negli altri casi deve essere invece associata subito un’antibioticoterapia orale [3].

Secondo le linee-guida ISPD (UpDate 2010) [9],  è consigliabile che le infezioni da microrganismi Gram-positivi siano trattate con cefalosporine di I generazione (o penicilline pecillinasi-resistenti o ad ampio spettro). L'uso della vancomicina dovrebbe essere tendenzialmente evitato nella gestione routinaria delle infezioni per il rischio di generare resistenze, ma deve invece essere sempre considerato nelle infezioni da Stafilococco Aureo meticillino-resistente (MRSA) e nei pazienti con allergie agli altri antibiotici.

In seguito al riscontro colturale di S. Aureus può essere utile aggiungere la rifampicina, con particolare riguardo alle infezioni dell’ES di lenta risoluzione o di entità significativa. La rifampicina non deve mai essere somministrata in monoterapia e bisogna sempre considerarne l’effetto di ridurre l’efficacia di warfarin, statine e anticonvulsivanti.

Le infezioni da P. Aeruginosa sono particolarmente difficili da trattare e richiedono spesso terapie prolungate con duplice antibiotico. I fluorochinolonici sono raccomandati come prima scelta, meglio non in monoterapia dal momento che quest’ultima favorisce lo sviluppo di resistenze. L’associazione di chinolonici con sevelamer, calcio, ferro orale, sucralfato, antiacidi a base di magnesio e alluminio, latte può ridurre l’assorbimento dell’antibiotico, che deve quindi essere somministrato almeno due ore prima di questi farmaci. In caso di risoluzione lenta dell’infezione o in caso di infezione ricorrente dell’ES da P. Aeruginosa, deve essere aggiunto un secondo antibiotico (aminoglicosidico, ceftazidime, cefepime, imipenem-cilastatina, meropenem).

La terapia con antibiotici deve essere proseguita sino alla completa normalizzazione dell’ES all’esame obiettivo [9]. La durata minima della terapia è di due settimane, mentre il trattamento per tre settimane è necessario per le infezioni dell’ES da P. Aeruginosa.

Se la terapia prolungata, oltre le tre settimane, non è in grado di risolvere l’infezione, va valutato il cuff shaving o la rimozione del catetere; nelle infezioni da P. Aeruginosa questi interventi vanno effettuati più precocemente.

La rimozione del catetere deve essere eseguita nei pazienti con infezione dell’ES che evolve in peritonite, o che è concomitante ad una peritonite in cui si isola lo stesso ceppo batterico presente sull’ES.

(Bibliografia di approfondimento)

 

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BibliografiaReferences

[1] Gokal R, Alexander S, Ash S, Chen TW, Danielson A, Holmes C et al. Peritoneal catheters and exit-site practices toward ward optimum peritoneal access: 1998 update. Official report from the International Society for Peritoneal Dialysis. Perit Dial Int 1998; 18:11-33.

[2] Dell’Aquila R, Berlingò G, Pellanda V, Contestabile A, Lentini P. Aggiornamenti in tema di diagnostica e terapia delle complicanze infettive dell’exit-site in dialisi peritoneale. G Ital Nefrol 2011; 28 (1): 39-47.

[3] Cancarini GC, Amici G, De Vecchi A, Enia G, Giannattasio M, Feriani M, Giangrande A, Ruggeri GC. Linee Guida per la dialisi peritoneale (DP). G Ital Nefrol 2003 20, S-24 S109-S28.

[4] Prowart BF, Khanna R, Twardowski ZJ. Peritoneal catheter exit-site morphology and pathology: prevention, diagnosis and treatment of exit-site infections. Case reports for independent study. Perit Dial Int 1996; 16 (suppl. 3): S105-14.

[5] Twardowski ZJ, Prowant BF. Classification of normal and diseased exit-sites. Perit Dial Int 1996; 16 (suppl. 3): S32-50.

[6] Cancarini G, De Vecchi A. Diagnosi e cura dell'infezione dell'emergenza del catetere nei Centri del Gruppo Cooperativo: impressioni ed esperienze. In Manuale di DP. Milano: Wichtig Editore 1993: 156-69.

[7] Piraino B, Bailie GR, Bernardini J, Boeschoten E, Gupta A, Holmes C et al. Peritoneal dialysis-related infections recommendations: 2005 update. Perit Dial Int 2005; 25 (2): 107-31.

[8] Plum J, Sudkamp S, Grabensee B. Results of ultrasound assisted diagnosis of tunnel infections in continuous ambulatory peritoneal dialysis. Am J Kidney Dis 1994; 23: 99–104.

[9] Li PK, Szeto CC, Piraino B, Bernardini J, Figueiredo AE, Gupta A, Johnson DW, Kuijper EJ, Lye WC, Salzer W, Schaefer F, Struijk DG. International Society for Peritoneal Dialysis. Peritoneal dialysis-related infections recommendations: 2010 update. Perit Dial Int 2010; 30(4): 393-423.

[10] Korzets Z, Erdberg A, Golan E, Ben-Chitrit S, Verner M, Rathaus V, Bernheim J. Frequent involvement of the internal cuff segment in CAPD peritonitis and exit-site infection - an ultrasound study. Nephrol Dial Transplant.1996; 11(2): 336-9.

[11] Kwan TH, Tong MK, Siu YP, Leung KT, Luk SH, Cheung YK. Ultrasonography in the management of exit-site infections in peritoneal dialysis patients. Nephrology (Carlton) 2004; 9:348–52

[12] Vychytil A, Lilaj T, Lorenz M, Hörl WH, Haag-Weber M. Ultrasonography of the catheter tunnel in peritoneal dialysis patients: what are the indications? Am J Kidney Dis 1999; 33(4): 722-7.

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release  1
pubblicata il  28 settembre 2012 
Da Stefano Santarelli
Parole chiave: diagnosi di infezione, exit-site, terapia conservativa
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