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Best practice

Il catetere per dialisi peritoneale

Infezioni dell'exit-site e del tunnel (terapia chirurgica: rimozione della "cuffia esterna")

Matthias Zeiler – U.O. Nefrologia e Dialisi – Ospedale “Carlo Urbani” – Jesi (AN)

Introduzione

L’infezione dell’exit-site e del tunnel del catetere peritoneale mette il paziente a rischio di peritonite. Frequentemente la terapia antibiotica locale e sistemica non riesce a debellare l’infezione. Il razionale della terapia chirurgica dell’exit-site e del tunnel sottocutaneo si pone fondamentalmente per rimuovere il corpo estraneo infetto ed il tessuto circostante alterato dall’ infiammazione e per favorire, unitamente a terapia antibiotica mirata, la guarigione.  Attualmente le linee-guida ISPD del 2010 classificano la rimozione della cuffia come unica alternativa alla rimozione del catetere peritoneale in casi selezionati [1].

Revisione della letteratura

Diverse tecniche chirurgiche per le infezioni dell’exit-site o del tunnel del catetere peritoneale vengono descritte dai primi anni ‘80 [2], [3], [4]. Nella maggioranza dei casi si descrive la semplice escissione del tratto distale del tunnel assieme alla rimozione della cuffia esterna e dei tessuti flogosati (cuff shaving, deroofing, unroofing) [5], [6], [7], [8], [9], [10], [11]. Una alternativa alla suddetta tecnica è la sostituzione del segmento tra la cuffia interna ed il connettore del catetere con configurazione di un nuovo tunnel sottocutaneo (splicing,  partial replantation, translocation) [12], [13], [14], [15], [16] [17]. La prima tecnica non necessita di esperienza chirurgica e può essere gestita in regime ambulatoriale.

La Tabella 1 (Tabella CuffShaving) confronta studi di rimozione della cuffia esterna per infezioni croniche o recidivanti con casistiche di almeno 10 interventi [5], [6], [7], [8], [9], [10], [11]. L’exit-site e il tunnel venivano valutati clinicamente in tutti gli studi. In nessuno studio veniva eseguita una ecografia del tunnel e della cuffia interna per escludere una infezione profonda. La durata della terapia antibiotica antecedente all’intervento andava da un minimo di 10 giorni fino a 4-8 settimane. I patogeni più frequentemente riscontrati erano in frequenza decrescente: Staphylococcus aureus,  Pseudomonas aeruginosa,  Staphylococcus epidermidis e Serratia marcescens. La durata della terapia, successivamente all’intervento, appare non standardizzata, con presenza di pazienti senza terapia antibiotica [7] e pazienti con terapia fino a 4 settimane [6], [10].

Nello studio effettuato da Piraino B. e collaboratori [5] non si è dimostrata un’efficacia della procedura, che ha portato a guarigione in una minoranza dei casi, con prolungamento della sopravvivenza del catetere di solo 1,5 mesi e con leakage o estrusione del catetere in più della metà dei casi. Però la tecnica di rimozione della cuffia era caratterizzata dall’applicazione di una maggiore trazione sul catetere durante l’intervento e dal fatto che la zona della cuffia esterna, precedentemente rimossa, veniva compresa nel nuovo tunnel sottocutaneo.

In studi più recenti il successo del cuff shaving, indipendentemente dal patogeno, si colloca tra il 27% [5] ed il 100% dei casi e la sopravvivenza del catetere viene allungata sicuramente oltre i 6-12 mesi [10], [11],  [18]. Le infezioni da Staphylococcus aureus e da Pseudomonas aeruginosa sono le più difficili da debellare [5], [6], [7], [8].

Suh H [8] ha confrontato due gruppi di pazienti, il primo che ha dato consenso alla rimozione della cuffia e il secondo che ha negato il consenso. Il gruppo con cuff shaving ha mostrato una riduzione di peritoniti specialmente da Staphylococcus aureus durante il follow-up.

Yoshino A  [9] ha analizzato, in una casistica pediatrica, l’effetto della rimozione della cuffia in confronto alla sostituzione del catetere. Non veniva rilevata alcuna differenza dell’incidenza di infezioni ricorrenti del tunnel, con sovrapponibile incidenza di infezioni tra germi Gram-positivi e Gram-negativi, e tendenza ad un lieve aumento di insorgenza di peritoniti (senza significatività statistica) nel gruppo del cuff shaving.

Attualmente non esistono studi che confrontano l’outcome del cuff shaving e quello del parziale reimpianto di un catetere peritoneale.

Metodica

Viene allestito un campo sterile con un set chirurgico comprendente: pinze, forbici, bisturi, garze e disinfettante. Successivamente alla disinfezione della zona di intervento si esegue l’anestesia locale intorno alla cuffia e parallelamente al tragitto sottocutaneo del catetere, evitando cosi la perforazione accidentale del catetere con l’ago [Figura 1]. Il primo tratto del tunnel viene inciso fino ad arrivare alla cuffia esterna del catetere [Figura 2]. L’incisione viene estesa oltre la cuffia esterna medialmente o lateralmente al percorso del catetere. La cuffia esterna viene escissa in toto, insieme al tessuto circostante, avendo cura successivamente di rimuovere completamente la sua componente in dacron [Figura 3]. Poi si esegue una toilette del  tessuto di granulazione flogosato. L’emostasi locale viene effettuata tramite compressione locale o elettrocauterizzazione. Si avvolgono garze imbibite con disinfettante per cute lesa (iodopovidone  10% - Betadine®) attorno al catetere nel tratto tra cuffia interna ed esterna per proteggere il tunnel verso la cuffia interna [Figura 4].

La rimozione della cuffia esterna, assieme al tessuto adiacente, avviene grazie ad incisioni parallele al catetere. L’utilizzo di garze imbibite di acetone, come solvente per la colla che fa erire la cuffia di dacron al catetere di silicone, facilita la rimozione completa [Figura 5 , Figura 6]. Altri autori propongono anche un rasoio sterile per “depilare” il catetere dalla cuffia [19]. Per il successivo allestimento del nuovo exit-site si utilizza un nuovo set di strumenti chirurgici e guanti sterili. La zona della cuffia esterna, precedentemente rimossa dal catetere, non deve coincidere con il nuovo tratto del tunnel o con il nuovo exit-site. Qualora necessario, l’incisione cutanea viene estesa medialmente o lateralmente al catetere. Con punti di sutura non assorbibili, si accostano i lembi di tessuto facendo fuoriuscire il catetere cranialmente in una zona senza flogosi cutanea  [Figura 7]. Nella sede del pregresso exit-site viene inserito uno “zaffo” di garza iodoformica per garantire il drenaggio e la guarigione per seconda intenzione. Va effettuata una terapia antibiotica sistemica mirata per almeno 2-3 settimane, cominciandola prima dell’intervento. Le medicazioni devono essere eseguite ogni 1-3 giorni. La rimozione dei punti di sutura si prevede dopo 5-7 giorni. Per evitare ulteriore traumatizzazione del nuovo exit-site è utile fissare il catetere peritoneale con presidi adesivi.

Discussione

L’assenza all’esame clinico dei segni di infezione, quali arrossamento, secrezione, indurimento e dolore locale, probabilmente non è sufficiente per escludere una concomitante infezione della cuffia interna. La diagnostica antecedente all’intervento dovrebbe includere un’ecografia (con sonda lineare di almeno 7 MHz) del tratto tunnellizato del catetere e della cuffia interna. La presenza di un’area ipo-anecogena di spessore di almeno 1 mm intorno al catetere o alla cuffia interna è indicativa di una infezione della zona  [20], [21], [22] [23], [24], [25]. La manipolazione del catetere peritoneale durante la chirurgia locale può aumentare il rischio di peritonite, sia per la propagazione dell’infezione verso la cuffia interna e il peritoneo, sia per la mobilizzazione indiretta della cuffia interna infetta ma clinicamente non diagnosticata  [9]. A breve termine il rischio di peritonite può essere limitato da una concomitante terapia antibiotica intraperitoneale.

Il successo della terapia chirurgica locale, sempre combinata alla terapia antibiotica sistemica, dipende non solo dalla tecnica e dall’esperienza chirurgica dell’operatore, ma anche dal tipo di germe [5], [6], [7], [8]. La percentuale ad esito positivo appare alta (>70%) in presenza di Staphylococcus epidermidis, ridotta (50%-70%) in presenza di Staphylococcus aureus, e tendenzialmente più sfavorevole (pari o inferiore al 50%) in presenza di Pseudomonas aeruginosa o di altri germi Gram-negativi.

La rimozione della cuffia esterna si propone per pazienti già sottoposti, per almeno due settimane, ad un trattamento antibiotico locale e sistemico senza segni di guarigione, avendo escluso ecograficamente una infezione, sia del tratto del tunnel tra le cuffie, sia della cuffia interna.

Aspetti fondamentali per la revisione chirurgica dell’exit-site:

  • La valutazione antecedente ad un eventuale intervento di cuff shaving  deve includere un’ecografia del tunnel e della cuffia interna con una sonda lineare di almeno 7 MHz. La presenza di un’area ipo-anecogena di almeno 1 mm di spessore è indicativa per infezione della stessa;
  • in presenza di segni di coinvolgimento della cuffia interna o di peritonite, in seguito alla chirurgia dell’exit-site, si consiglia la sostituzione del catetere peritoneale;
  • il paziente deve essere informato dell’aumentato rischio di insorgenza di peritonite in seguito alla chirurgia dell’exit-site e del tunnel;
  • il paziente deve eseguire una terapia antibiotica mirata sistemica per almeno 2-3 settimane, cominciandola prima dell’intervento;
  • la persistenza di colture positive della ferita, successivamente all’intervento, è indicativa di insuccesso dell’intervento;
  • il successo della terapia chirurgica locale combinata alla terapia antibiotica sistemica è ridotta in presenza di germi Gram-negativi.
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BibliografiaReferences

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release  1
pubblicata il  28 settembre 2012 
Da Stefano Santarelli
Parole chiave: catetere peritoneale, rimozione cuffia
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