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Best practice

Iter diagnostico e terapia della calcolosi

Terapia medica

Renata Caudarella

 

Fondazione Ettore Sansavini  per la Ricerca (Health Science Foundation) - GVM Care & Research. Lugo (RA)

 

In letteratura, sono contrastanti le opinioni relative alla selezione dei pazienti nei quali eseguire uno studio metabolico per individuare i fattori di rischio per la formazione dei calcoli, e per adottare, di conseguenza, le opportune misure profilattiche e/o terapeutiche. Gli autori critici nei confronti della terapia suggeriscono che questa non risponderebbe ai criteri del rapporto costi/benefici se non nei pazienti con calcolosi recidivante (Pak CY, 1982)(Chandhoke PS,2002)(a). Tuttavia, tutti riconoscono che la probabilità di recidiva è di circa il 50% nell’arco dei 10 anni successivi al primo episodio litiasico; si tratta di una probabilità elevata per i pazienti, quando si considerano la morbilità, il costo del trattamento, i costi legati alla perdita di giornate lavorative, senza dimenticare la sintomatologia dolorosa severa provocata dalla colica renale. Il problema fondamentale poi, è come riconoscere i pazienti recidivanti dai non recidivanti, tenendo presente che non si sono osservate differenze significative nella valutazione metabolica tra questi due gruppi. Peraltro lo studio metabolico consente di identificare fattori di rischio  per la formazione dei calcoli, singoli o associati in più del 97% dei pazienti (figura 1  ). Il ruolo della profilassi medica è stato confermato in alcuni studi: nel 1993  Nold et al (Vahlensiec W,1993) hanno dimostrato che una corretta valutazione metabolica e conseguente profilassi, porta ad una riduzione delle recidive litiasiche pari al 56%. Successivamente, Stromayer  ha ottenuto una riduzione delle recidive leggermente inferiore, pari al 40 % (b). Anche i nostri risultati, in un gruppo di pazienti seguiti per 10 anni, confermano una riduzione delle recidive pari al 41,2 % (Caudarella R,2009).  Nella scelta dei pazienti che devono essere studiati e trattati ci si può attenere a quanto suggerito nelle Linee guida (European Association of Urology 2010) per la nefrolitiasi del 2010 ( tabella N.1 in figura 2 ) che rappresentano l’ultimo aggiornamento  della prima estensione che risale al 1999 (European Association of Urology 1999).

Le acquisizioni sulla eziologia e sui meccanismi fisiopatologici della urolitiasi consentono di adottare per ogni singolo paziente un programma terapeutico personalizzato che dovrebbe avere come obiettivi:

Þ    Ridurre il numero delle recidive

Þ    Correggere le alterazioni metaboliche riscontrate

Þ    Ridurre il numero delle coliche renali

Þ    Ridurre il ricorso ai trattamenti con diversi tipi di litotrissia e/o terapia chirurgica

Þ    Correggere manifestazioni extrarenali di malattie sistemiche

Þ    Non avere importanti effetti collaterali

Þ    Rispondere al criterio dei costi/benefici

Mardis et. al (Mardis HK,2004) hanno dimostrato che nei pazienti con calcolosi multipla la recidiva di calcolosi era minore quando i pazienti erano trattati con terapia medica, rispetto a quelli che seguivano solo misure di carattere generale come l’aumento dell’apporto di liquidi e la correzione di alcune abitudini alimentari.

La terapia medica include sia l’indicazione di misure alimentari specifiche in rapporto al tipo di calcolosi sia una terapia medica selettiva. L’apporto di liquidi e le opportune modificazioni elementari rappresentano le basi del trattamento medico in tutti i pazienti con calcolosi. Trials controllati hanno dimostrato che un aumento del volume urinario fino a 2 litri riduce l’incidenza delle recidive del 40-50 % (Borghi L, 1996). Le modificazioni alimentari nei pazienti con calcolosi ossalocalcica possono essere guidate dalla valutazione del rapporto tra ossalato alimentare e calcio totale, che nella popolazione generale è circa 0,05. La terapia dietetica è stata trattata in un capitolo specifico, mentre in questo saranno trattate le terapie mediche correntemente usate nella pratica clinica per la correzione delle alterazioni metaboliche.

 

Calcolosi calcica

Per il trattamento dei pazienti con calcolosi calcica (ossalato di calcio – fosfato di calcio) associata o meno ad alterazioni metaboliche ben definite, vengono riportate nella Tabella N.2 ( in figura 3 ), le indicazioni terapeutiche suggerite dalle linee guida del 2010 (European Association of Urology 2010).

Ipercalciuria

Per il trattamento di alcune alterazioni, come ad esempio l’ipercalciuria (Tabella N.3 in figura 4 ), sono riportate per completezza anche farmaci che attualmente non vengono più usati.  Infatti, per il trattamento dell’ipercalciuria idiopatica, i farmaci di uso più corrente nella pratica clinica sono i diuretici tiazidici in associazione al citrato di potassio. Studi randomizzati controllati hanno dimostrato una riduzione delle recidive fino al 70% con l’uso dei diuretici tiazidici. I diuretici tiazidici agiscono riducendo l’escrezione urinaria del calcio nei pazienti ipercalciurici, ma si è osservata un’analoga riduzione anche nei pazienti con normocalciuria (Borghi L, 1996). I diuretici tiazidici riducono la calciuria mediante un aumento del riassorbimento del calcio sia nel tratto prossimale che in quello distale del nefrone. A livello del tubulo distale riducono anche l’assorbimento del sodio inducendo una deplezione del volume extracellulare. E’ stata ipotizzata anche una loro azione sulla escrezione urinaria dell’ossalato, sull’assorbimento intestinale del calcio ed anche  un’azione diretta sugli osteoblasti con conseguente inibizione dei fattori di riassorbimento osseo. I tiazidici sono utilizzati da più di 40 anni per la prevenzione della calcolosi calcica; dal 1970 la maggior parte dei lavori pubblicati ha confermato l’effetto positivo dei tiazidici sulla prevenzione delle recidive. L’efficacia dei diuretici tiazidici sulla recidiva della formazione di calcoli di calcio è stata valutata in 6 studi randomizzati controllati. In 4 di questi si osservava una significativa riduzione della recidiva dei calcoli (Ettinger B, 1988)(Laerum E, 1984)(Ohkawa M, 1992)(Borghi L, 1993). Viceversa, in altri due trials randomizzati controllati non è stato possibile confermare l’effetto positivo dei tiazidici sulla riduzione della formazione dei calcoli (Brocks P, 1981)(Scholz D, 1982). Una riduzione del numero delle recidive è stato osservato in numerosi altri studi nei quali i pazienti trattati venivano messi a confronto con pazienti che non assumevano alcun trattamento farmacologico. L’effetto positivo del trattamento con tiazidici è stato ulteriormente validato da una meta-analisi dei trials clinici randomizzati che ha mostrato risultati significativamente migliori nei pazienti trattati rispetto a quelli trattati con placebo o senza alcun trattamento farmacologico (p <0,02) (Pearle MS, 1999). L’incidenza di effetti collaterali nei pazienti in terapia con tiazidici, è di circa il 30% e comprende alterazioni metaboliche quali ipopotassiemia, ipocitraturia, iperuricemia, ridotta tolleranza al glucosio, la comparsa di disfunzione erettile e lo smascheramento di un iperparatiroidismo primitivo normocalcemico. Questi effetti collaterali sono responsabili della scarsa compliance alla terapia che oscilla tra il 50 e il 70%.

Per la terapia dell’ipercalciuria sono stati impiegati in due trial di breve durata, i bisfosfonati che hanno ridotto l’ escrezione urinaria di calcio; sarebbero, tuttavia, necessari trials controllati di più lunga durata, prima di confermare l’efficacia di questi farmaci nei pazienti con calcolosi calcica recidivante; indispensabile anche la valutazione degli effetti collaterali della terapia cronica con bisfosfonati , che riducono significativamente la compliance dei pazienti.  

 

Citrati alcalini

La terapia con citrati alcalini viene comunemente utilizzata per aumentare l’escrezione urinaria di citrato nei pazienti con ipocitraturia; questa alterazione è di frequente riscontro nei pazienti con litiasi calcica. L’importanza del ruolo del citrato deriva dalIa sua capacità di formare complessi con il calcio riducendo, di conseguenza il prodotto di attività ionica sia dell’ossalato di calcio che del fosfato di calcio. Inoltre il citrato è un inibitore  della crescita,  aggregazione e agglomerazione dei cristalli di ossalato e di fosfato di calcio (Tiselius HG, 1993). La somministrazione di sali alcalini provoca un aumento del pH urinario ed un aumentata escrezione di citrati. L’utilità dell’impiego dei citrati per favorire la eliminazione dei frammenti dopo litotrissia extracorporea è stata di recente valutata in uno studio multicentrico europeo, che ha confermato che sia il citrato di sodio e potassio sia il citrato di potassio aumentano la clearance dei frammenti dei calcoli (Soygur T, 2002). Gli agenti alcalinizzanti usati per la prevenzione dei calcoli sono il citrato di sodio e potassio, il citrato di potassio, il citrato di sodio, il citrato di potassio e magnesio, il bicarbonato di potassio e il bicarbonato di sodio. I citrati alcalini sono stati utilizzati in 4 trials: in due i pazienti venivano trattati con citrato di potassio, in uno con il citrato di sodio e di potassio; infine, nel quarto veniva utilizzato il citrato di potassio e magnesio (Barcelo B, 1993)(Hofbauer J, 1994)(Ettinger B, 1997)(c). Nei primi due studi con il citrato di potassio, veniva riportata una significativa riduzione delle recidive. Un effetto favorevole era riportato anche nei pazienti trattati con citrato di potassio e magnesio; viceversa, i pazienti in terapia con citrato di sodio e di potassio, non presentavano differenze rispetto ad un gruppo di controllo.  Sono presenti in letteratura numerosi altri studi non randomizzati che confermano un’azione preventiva maggiore del citrato di potassio  rispetto al citrato di sodio; questo dato è confermato anche dai diversi effetti prodotti sulla composizione delle urine, rispettivamente dal citrato di potassio e di sodio. Non ci sono trials in cui venga definito se la terapia con citrato di potassio debba essere usata selettivamente solo nei pazienti con ipocitraturia. La dose giornaliera consigliata  per il citrato di potassio e il citrato di potassio e magnesio oscilla tra 4-9 g. suddivisa in 3 somministrazioni. La frequenza degli effetti collaterali è abbastanza elevata e la compliance dei pazienti trattati con il citrato di potassio non supera il 50%.

A causa dei molteplici effetti sui processi di cristallizzazione e sulla formazione dei calcoli, i citrati alcalini possono essere raccomandati per il trattamento della prevenzione delle recidive dei calcoli.

 

Ortofosfati

L’uso degli orto fosfati (sali neutri di sodio e di potassio) è stato proposto per il trattamento dell’ ipercalciuria idiopatica assorbitiva o conseguente ad una perdita, tubulare primitiva di fosfato. Il razionale della terapia con ortofosfati si basa sia sulla loro capacità di inibire la sintesi di 1,25(OH)2D3 (Van Der Berg CJ, 1980) e di ridurre quindi la calciuria, ma anche di aumentare l’escrezione urinaria di pirofosfati e di citrati (Thomas WC, 1978).  Queste modificazioni sono responsabili della riduzione della saturazione urinaria dell’ossalato di calcio, ma anche di un incremento della saturazione della brushite, in rapporto all’aumentata escrezione di fosfato (Pak CYC, 1980). Gli ortofosfati mostrano una efficacia analoga a quella dei diuretici tiazidici, per quanto concerne la riduzione della calciuria; per spiegare questo effetto è stato ipotizzato un meccanismo diretto sull’assorbimento tubulare del calcio a livello distale. Gli ortofosfati vengono sommnistrati alla dose di 1,5 g/die suddivisi in 3-4 dosi. Gli effetti collaterali più frequenti sono quelli a carico dell’apparato gastrointestinale (nausea, crampi addominali, diarrea, meteorismo), e nei trattamenti a lungo termine, la comparsa di calcificazioni tissutali. Nell’unico trial randomizzato, controllato verso placebo, della durata di 3 anni, la formazione di calcoli era maggiore nei pazienti trattati con  ortofosfati (Ettinger B, 1976). In conclusione, i dati della letteratura forniscono una modesta evidenza che gli ortofosfati riducano significativamente la formazione dei calcoli di ossalato di calcio.

 

Celluloso fosfato

Il celluloso fosfato e il sodio celluloso fosfato sono stati usati per ridurre l’assorbimento di calcio nei pazienti con ipercalciuria assorbitiva. Sfortunamento il complesso che forma col calcio a livello intestinale, può provocare la comparsa di una iperossaluria (Pak CY, 1979)(Backman U, 1980). Anche altri cationi, come ad esempio il magnesio, possono essere influenzati negativamente da questa terapia. Nessuno degli studi presenti in letteratura era randomizzato. I risultati degli studi considerati globalmente mostrava che il 40% dei pazienti formava nuovi calcoli.  Il celluloso fosfato e il sodio celluloso fosfato, non possono essere raccomandati per il trattamento profilattico delle recidive litiasiche.

 

Allopurinolo

Il trattamento con allopurinolo per evitare la formazione di calcoli di ossalato di calcio, è stato consigliato dopo la dimostrazione di una relazione tra aumentata escrezione urinaria di acido urico e la formazione di calcoli di ossalato di calcio (Favus MJ, 1980). Quando a questa alterazione metabolica si associano fattori che aumentano la quota dissociata di acido urico, l’urina può divenire soprassatura con conseguenti fenomeni di cristallizzazione sia di acido urico sia di ossalato di calcio. Oltre al pH, la concentrazione e il tipo di altri cationi possono influire sul grado di solubilità dell’acido urico; ad esempio, elevate concentrazioni di ioni sodio riducono la solubilità dell’acido urico, mentre in maniera opposta si comportano gli ioni potassio. Per spiegare la formazione di calcoli di ossalato di calcio nei pazienti con iperuricuria sono stati ipotizzati alcuni meccanismi, quali una nucleazione eterogenea di ossalato di calcio indotta dall’acido urico o dai suoi sali, in particolare l’urato monosodico. Un altro meccanismo patogenetico ipotizzato, è il legame di inibitori ad elevato peso molecolare (glicosaminoglicani) con i cristalli di urato monosodico; ne seguirebbe una riduzione della loro concentrazione  urinaria e quindi della attività inibitrice sui processi di cristallizzazione dell’ossalato di calcio. In questi pazienti il razionale della terapia implica interventi che riducono la concentrazione dell’acido urico e quindi la sua saturazione urinaria.  I suggerimenti profilattici e terapeutici comprendono: la riduzione degli alimenti ricchi di purine, un abbondante apporto idrico, la somministrazione di allopurinolo e di alcalinizzanti urinari. La somministrazione di allopurinolo nei pazienti con iperuricuria :

Þ    Riduce l’escrezione urinaria di acido urico

Þ    Previene la comparsa di iperuricuria anche quando l’apporto di purine rimane elevato;

Þ    Diminuisce la saturazione urinaria di urato monosodico

In uno studio prospettico, randomizzato con placebo, Ettinger et al. (Ettinger B, 1986) trattando con allopurinolo alla dose di 100 mg/die un gruppo di pazienti che presentavano come fattore di rischio la sola uricuria, hanno ottenuto una riduzione dell’81% nella formazione dei calcoli. La tolleranza all’allopurinolo in genere è buona, ma sono stati descritti effetti collaterali quali rash cutanei, dermatiti, aumento transitorio delle transaminasi, possbile comparsa di una sindrome di Steven-Johnson.  In associazione o in alternativa all’allopurinolo può essere utilizzato il citrato di potassio. Pak e Peterson hanno riportato una riduzione della formazione dei calcoli pari al 75% in un gruppo di pazienti con calcolosi ossalocalcica iperuricosurica trattati con citrato di potassio per 2,4 anni (Pak CY, 1986).

 

Piridossina

La somministrazione di piridossina potrebbe teoricamente modulare favorevolmente la produzione endogena di ossalato, aumentando la conversione di gliossilato in glicina, riducendo in questo modo la quantità di substrato disponibile per la conversione metabolica in ossalato. La piridossina è stata utilizzata insieme agli ortofosfati nel trattamento sia dei pazienti con iperossaluria primitiva sia nei casi di iperossaluria idiopatica. Numerosi autori confermano che alcuni pazienti con iperossaluria di tipo 1 rispondono favorevolmente al trattamento con dosi importanti di piridossina (European Association of Urology 2010). Non vi sono al momento studi controllati che indichino l’efficacia della piridossina nei pazienti con calcolosi ossalo-calcica idiopatica.

 

Calcoli di acido urico

L’alcalinizzazione dell’urina rappresenta il mezzo più efficace di prevenzione per il trattamento dei pazienti con calcolosi di acido urico, in quanto il pH urinario acido rappresenta il fattore patogenetico più importante in questo tipo di litiasi. Nei pazienti con calcolosi di acido urico (calcoli puri di acido urico o misti di acido urico e ossalato di calcio) trattati con citrato di potassio alla dose di 30-80 mEq/die si è osservato un aumento dei valori del pH urinario e della quota di acido urico non dissociato; analogamente la formazione dei calcoli si riduceva da 1,2 a 0,01 calcoli/anno. I pazienti presentavano una remissione della patologia nel 94% dei casi e la formazione di nuovi calcoli si riduceva del 99% (Sakhaee K, 2002)(Pak CY, 1986). Il citrato di potassio viene preferito al bicarbonato di sodio,  per evitare il rischio di una ipercalciuria indotta dal sodio. Nella pratica clinica si consiglia una dose iniziale di citrato di potassio di 30-40 mEq/die, monitorando il valore del pH urinario che dovrebbe essere maggiore di 6,1,  ma non superare il valore di 7,0,  per evitare un aumento della saturazione del fosfato di calcio e la conseguente formazione di calcoli di fosfato di calcio.

Altro elemento fondamentale della terapia è l’allopurinolo al dosaggio di 300 mg/die che deve essere utilizzato nei pazienti con iperuricemia associata o meno, ad iperuricuria (escrezione urinaria > 750 mg nei maschi e 700 mg nelle femmine) (Tabella 4 in figura 5)    

Cistinuria

La solubilità della cistina dipende è funzione del pH urinario; per questo motivo la terapia con alcali è stata ampiamente usata in questi pazienti. Tuttavia, l’elevato pK della cistina (pK = 8,5) limita l’efficacia della terapia alcalinizzante che deve portare il pH urinario a valori compresi tra 6,5 -7, per evitare il rischio della formazione di calcoli di fosfato di calcio. Ma l’idratazione e la terapia alcalinizzante possono controllare la formazione di calcoli solo quando la escrezione urinaria di cistina  è inferiore a 1000 mg/die; quando l’escrezione è maggiore bisogna ricorrere all’uso di farmaci quali: α-Mercaptopropionilglicina (Tiopronina), D-penicillamina e Captopril.  Tutti questi farmaci sono derivati tiolici che possono convertire la cistina in un complesso disolfuro farmaco-cisteina altamente solubile.  Il farmaco attualmente più usato è l’ α-Mercaptopropionilglicina anche se una riduzione della formazione dei calcoli e degli eventi litiasici è stata descritta  anche per la D- penicillamina (Moe OW, 2011). Tuttavia in letteratura non sono presenti trials clinici randomizzati controllati che dimostrino una superiorità della terapia medica rispetto al placebo. L’ α-Mercaptopropionilglicina  presenta una minor incidenza di effetti collaterali quali dolori addominali, perdita del gusto, febbre, proteinuria e raramente sindrome nefrosica. Sulla efficacia del Captopril i pareri non sono unanimi; inoltre, questo farmaco ha lo svantaggio di provocare ipotensione arteriosa (European Association of Urology 2010). (Tabella 5 in figura 6 )  

 

Calcoli di struvite  (calcolosi infetta)

I calcoli di struvite sono la conseguenza di una infezione cronica delle vie urinarie alte, sostenute da batteri ureasi produttori (Proteus, Haemophilus, Klebsiella, Ureaplasma urealyticum) (Hall PM, 2009). L’idrolisi dell’urea è responsabile della formazione di ioni ammonio e ossidrile e di un’urina persistentemente alcalina; queste alterazioni promuovono la formazione di calcoli composti di fosfato ammonio magnesiaco (struvite). Il trattamento di questa forma di calcolosi richiede la rimozione completa di tutti i calcoli, inclusi eventuali frammenti residui e l’eradicazione della infezione con terapia antibiotica. La prevenzione delle infezioni delle vie urinarie (acidificanti, cicli di antibiotici a basso dosaggio o “pulse”) rappresentano il fattore più importante per evitare le recidive. L’acido acetoidrossamico che inibisce l’ureasi è stato utilizzato per trattare la calcolosi da struvite, ma il suo uso si accompagna spesso a effetti collaterali, talora severi (Griffith DP, 1978). (Tabella 6 in figura 7 )  

 

Considerazioni riassuntive

Sebbene la nefrolitiasi venga considerata generalmente come un evento acuto che ha la sua espressione clinica nella colica renale, un numero crescente di lavori suggerisce che la nefrolitiasi sia una malattia sistemica che si accompagna ad una riduzione della funzione renale e può evolvere verso l’insufficienza renale cronica. Recenti lavori, con un elevato numero di soggetti arruolati, hanno dimostrato che i calcolotici hanno una lieve ma statisticamente significativa riduzione della filtrazione glomerulare e della clearance della creatinina. Inoltre, la nefrolitiasi e la litotrissia extracorporea con onde d’urto possono aumentare il rischio di nefropatie croniche e di ipertensione arteriosa (Sakhaee K, 2009).  In un recente lavoro è stato segnalato che il trattamento con ESWL provoca sicuramente un danno alle papille e alla regione midollare che sarebbe responsabile di un aumento della formazione di calcoli di fosfato di calcio (Coe FL, 2010). Tutti questi dati insieme alle sempre più recenti segnalazioni di una associazione della  nefrolitiasi con un elevato rischio di ipertensione, coronaropatie, sindrome metabolica e diabete mellito, suggeriscono l’importanza dello studio metabolico, della profilassi e terapia medica della calcolosi renale e della loro valutazione in trials clinici controllati. 

 

 

 

 

 

Altra Bibliografia

a) Preminger GM. Guidelines for the Medical Management of Urolithiasis. Business Briefing: Us    Kidney & Urological Disease 2005.

b) Strohmaier WL. In: Kidney Stones. Economic aspects of Nephrolithiasis: a critical review and    future out look. Ed. BIOS, Cosenza, 1999, 169-172.

c) Turcel A, Biri H, Kupeli B, Tan O, Sen I. Efficiency of long-terrm potassium citrate treatment    in patients with idiopathic calcium oxalate stone disease. In: Urolithiasis (Proceedings of the    2nd Eurolithiasis Society Meeting). Sarica K, Kyagci F, Erbagci A and Inal Y (eds). Re Ta    offset publishing Gaziantep, Turkey, 2003, p.273.

 

 

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release  1
pubblicata il  24 giugno 2011 
Da Renata Caudarella
Parole chiave: CAL, Calcoli da acido urico, Calcolosi infetta, Terapia cistinuria, Terapia ipercalciuria
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