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Best practice

Iter diagnostico e terapia della calcolosi

Aspetti genetici

ITER DIAGNOSTICO  E TERAPIA DELLA CALCOLOSI RENALE

ASPETTI GENETICI

Giuseppe Vezzoli

 

Introduzione

Il capitolo della nefrolitiasi comprende diverse malattie che si differenziano per la diversa composizione dei calcoli. Ciascuna di esse include però dei geni tra i suoi determinanti, anche se questo avviene con modalità variabili.

Nella calcolosi di cistina i geni giocano un ruolo più diretto rispetto alle altre forme, perchè è una malattia monogenica che si manifesta con una escrezione urinaria anomala di cistina, che in presenza dei comuni pH acidi urinari precipita dando origine a calcoli renali.

Anche la più comune nefrolitiasi di calcio-ossalato o fosfato ha una distribuzione famigliare e un substrato genetico. Si tratta però di una malattia complessa nella quale diverse componenti eziopatogenetiche ambientali e genetiche possono intervenire. A fianco della nefrolitiasi calcica idiopatica, vi sono malattie monogeniche il cui fenotipo prevede lo sviluppo di calcoli renali di calcio-ossalato o calcio-fosfato. Malattie comuni e malattie rare compongono perciò il capitolo della nefrolitiasi e il medico deve saperle riconoscere.

 

La nefrolitiasi idiopatica di calcio

La nefrolitiasi di calcio è la calcolosi più frequente nella popolazione occidentale. Nonostante i molteplici studi, le sue cause non sono tuttora note anche se sono stati individuati molteplici fattori che possono intervenire a promuovere la precipitazione salina nelle urine. Tra questi possiamo includere difetti della escrezione urinaria, come la ipercalciuria, l’iperuricuria e l’ipocitraturia, oppure la dieta ipersodica oppure la stasi urinaria. Per la molteplicità dei fattori coinvolti la nefrolitiasi di calcio viene considerata come una malattia a patogenesi complessa ed eterogenea che si affianca perciò alle altre patologia complesse, come il diabete, l’ipertensione, l’osteoporosi. I fattori patogenetici  delle malattie complesse possono essere schematicamente distinti in genetici ed ambientali, ma questo schema non basta per comprendere i meccanismi patogenetici della nefrolitiasi di calcio, come pure delle altre malattie complesse (1). Quello che più conta sembra infatti essere il subtrato genetico ed ambientale nel quale si pongono i singoli fattori e l’interazione tra i diversi elementi (2). Molteplici geni possono perciò essere necessari per sviluppare calcolosi, sia perchè i meccansmi di formazione possono essere eterogenei, sia perchè non è una malattia monogenica a trasmissione mendeliana classica. In questo insieme il peso dei singoli geni può cambiare in funzione del substrato genetico e ambientale nel quale si trova.

L’importanza dei geni nella nefrolitiasi calcica è stata evidenziata dagli studi condotti nelle famiglie e nei gemelli. La prevalenza di calcolosi è più alta tra i parenti dei soggetti affetti da nefrolitiasi rispetto ai parenti dei soggetti non-affetti. Una maggiore concordanza di nefrolitiasi è stata inoltre osservata tra i gemelli monozigoti rispetto ai dizigoti in uno studio vietnamita. L’ereditabilità della nefrolitiasi, intesa come la percentuale della variabilità del carattere dovuta ai fattori genetici, è stata calcolata in questi studi ed è risultata intorno al 50% (3-5). La nefrolitiasi ha perciò un importante substrato genetico, ma il peso dei determinanti genetici può distaccarsi da questo valore medio nei singoli soggetti o in gruppi di pazienti con determinate caratteristiche fenotipiche.

I primi studi famigliari hanno osservato che la distribuzione della nefrolitiasi nei componenti delle famiglie era compatibile con una trasmissione autosomicca dominante. Tuttavia questi stessi studi non escludevano una trasmissione complessa e non-Mendeliana (3). Recenti lavori sull’uomo e sull’animale di laboratorio sono infatti concordi nel giudicare la nefrolitiasi come una malattia poligenica, che non obbedisce alle leggi di trasmissione dei difetti monogenici che sono state definite da Mendel (6). Essa potrebbe essere spiegata da uno o più geni che si definiscono come “maggiori”, cioè con rilevante potere di determinazione e senza i quali la malattia non potrebbe svilupparsi. Potrebbe però svilupparsi per la presenza contemporanea di molti geni ad effetto additivo sulla suscettibilità alla nefrolitiasi. Ciascuno di questi geni producendo un piccolo effetto fenotipico stimola alla formazione del calcolo, che si verifica quando la somma degli effetti fenotipici dei singoli geni fa superare una teorica soglia oltre la quale diventa inevitabile (7, 8).

Le ricerche genetiche sulla nefrolitiasi hanno prevalentemente confrontato la frequenza delle varianti alleliche (polimorfismi genetici) ai geni ipoteticamente implicati nei pazienti calcolotici e nei controlli. Sono stati così identificati i geni del recettore della vitamina D (VDR), dell’osteopontina (OPG) e del recettore cellulare del calcio (CaSR) perchè alcune loro varianti alleliche erano più frequenti nei pazienti con litiasi rispetto alla popolazione non-affetta in più di uno studio. Il gene della claudina 14 (CLDN14) è stato invece identificato grazie all’analisi dell’intero genoma (genome-wide-association scan) nella quale alcune varianti alleliche polimorfiche a questo gene erano più frequenti tra i calcolotici. I polimorfismi di questi quattro geni non modificavano la sequenza amminoacidica del prodotto genico e sono perciò indicativi di un cambiamento nella espressione genica. Tre di questi polimorfismi sono inoltre stati collegati a specifici fenotipi dei pazienti calcolotici: il VDR può avere un ruolo nei pazienti ipocitraturici, il CaSR nei normocitraturici, la CLN14 negli ipercalciurici (8-11).

Questi risultati forniscono indicazioni che non possono essere ritenute definitive, ma che devono essere confermate e caratterizzate. Tuttavia, sono un esempio di come lo studio genetico dei pazienti possa fornire marcatori clinici di predisposizione alla nefrolitiasi e indicazioni sulla patogenesi della nefrolitiasi. In particolar modo la struttura dell’indagine di genome-wide-scan, che mappa tutto il genoma con migliaia di marcatori, consente di trovare associazioni tra fenotipo e genotipo senza una ipotesi da verificare a priori.

I meriti dell’analisi genetica non si fermano però al dato diagnostico, perchè grazie ai progressi tecnologici che ci consentono lo studio di migliaia di polimorfismi genetici in un unico test è possibile pensare di caratterizzare i pazienti dal punto di vista clinico, farmacologico e nutrizionale. Possiamo supporre che in pochi anni con un’unica analisi genetica potremo definire per ciascun soggetto interessato il profilo di rischio di nefrolitiasi e di risposta ai farmaci e ai nutrienti. Tutto questo è è già oggi possibile grazie alle moderne piattaforme tecnologiche che analizzano migliaia di polimorfismi in migliaia di pazienti con una resa in temini quantitativi e qualitativi impensabile fino a pochi anni fa. Esite però in tutto questo un limite, perchè le analisi dei grandi numeri ottengono risultati sui geni maggiori o più frequentemente associati alla nefrolitiasi nelle popolazioni, ma perdiamo informazioni sui geni che agiscono in popolazioni più specifiche o sui geni più rari, che possono essere rilevanti in determinati contesti. E’ perciò pensabile che dopo uno sforzo verso la definizione dei geni che agiscono nelle grosso popolazioni, bisognerà ritornare alle popolazioni con fenotipo più definito ma necessariamente meno numerose.

 

La nefrolitiasi calcica nelle malattie monogeniche

La nefrolitiasi di calcio può fare parte del quadro clinico di alcune malattie ereditarie monogeniche ad interessamento renale (vedi tabella). Le tubulopatie prossimali associate a nefrolitiasi sono caratterizzate da molteplici difetti di riassorbimento (Sindrome di Dent) oppure da deficit di riassorbimento del solo fosfato (Rachitismo ipofosforemico ipercalciurico). Le tubulopatie distali sono dovute a difetti del riassorbimento del sodio e del potassio (Sindromi di Bartter tipo 1-5) oppure della secrezione di protoni (Acidosi tubulare distale). Alterazioni monogeniche del metabolismo epatico del gliossilato sono viceversa causa delle iperossalurie primarie.

La Sindrome di Dent è una tubulopatia prossimale che si associa a nefrolitiasi e nefrocalcinosi. E’ dovuta a mutazione del canale del cloro 5 (CIC5) codificata al locus Xp11.22 oppure, meno frequentemente, a mutazioni del gene OCRL1 al locus Xq26.1, codificante per la fosfatasi del fosfatidil-inositolbifosfato (12, 13). Colpisce perciò gli individui di sesso maschile mentre le donne possono avere disturbi lievi. Si caratterizzata clinicamente per molteplici difetti di riassorbimento del tubulo prossimale che interessano il fosfato, l’acido urico, il glucosio, gli amminoacidi, le proteine di piccolo peso molecolare e il sodio. Possono essere ritrovati inoltre ipercalciuria assorbitiva e ipopotassiemia con iperaldosteronismo secondario, mentre usualmente è assente l’acidosi metabolica. I difetti possono manifestarsi a tempi diversi ed esordire anche in età adulta con quadri fenotipici di intensità diversa anche nei membri della stessa famiglia. Può evolvere ad insufficienza renale terminale per motivi non chiari ma indipendenti dalla nefrocalcinosi. Sono stati descritti casi di pazienti portatori di mutazione del gene che avevano come unico sintomo la nefrolitiasi.

Il rachitismio ipofosforemico ipercalciurico è una malattia autosomica recessiva dovuta alle mutazioni del carrier per il riassorbimento dei fosfati NPT2c (cromosoma 9q34) nel tubulo prossimale (14). La malattia si manifesta con una bassa soglia di escrezione dei fosfati e ipofosforemia. Determina rachitismo, deformità ossee ed attiva la vitamina D che stimola così l’ipercalciuria. Nonostante questi difetti, la calcolosi renale non è solitamente osservata nei soggetti affetti, ma è descritta nei loro parenti eterozigoti.

L’ipomagnesemia famigliare con ipercalciuria e nefrocalcinosi è una condizione clinica causata dalle mutazioni del gene delle claudine 16 e 19.  Queste claudine regolano la permeabilità delle giunzioni intercellulari occludenti nel tratto ascendente spesso dell’ansa (15, 16). Negli omozigoti la malattia tubulare che ne segue è caratterizzata dalla perdita urinaria di magnesio e calcio ched determinano ipomagnesiemia, ipercalciuria, l’insorgenza di nefrocalcinosi e lo sviluppo di insufficienza renale. Negli eterozigoti è possibile che si sviluppi nefrolitiasi senza altri rilievi clinici evidenti.

L’acidosi tubulare distale può essere dovuta mutazioni di tre geni che compromettono l’acidificazione urinaria nel tubulo distale. Sono state dimostrate mutazione nei geni che codificano le subunità della pompa dei protoni oppure mutazioni del canale degli anioni che media il rissorbimento del bicarbonato nel tubulo distale (17-19). L’acidosi metabolica si manifesta con variabile grado di severità ed è associata ad ipopotassiemia, ipercloremia e normale anion gap. Nelle forme complete i pazienti presentano franca acidosi e ipopotassiemia, ma le loro urine non sono acide e la potassiuria è maggiore di 30 mmol/24 h. I pazienti affetti da forme meno severe (incomplete) non manifestano acidosi metabolica in condizioni basali normali, ma sviluppano acidosi metabolica dopo un carico acido. I pazienti presentano ipocitraturia, ipercalciuria e tendono alla osteoporosi. I calcoli renali sono tipicamente composti da fosfato di calcio.

La Sindrome di Bartter comprende cinque malattie causate da diversi difetti del riassorbimento del sodio nel tubulo distale. Il quadro elettrolitico è caratterizzato da ipopotassemia, alcalosi metabolica e iperaldosteronismo secondario (20). I pazienti possono manifestare, spasmi e crampi muscolari, ma solo le forme di tipo 1 e 2 sviluppano nefrocalcinosi e calcolosi. Sono queste le forme più severe e ad esordio infantile, nelle quali non funziona il cotrasportatore NKCC2, che media il riassorbimento di sodio, potassio e cloro nel tratto spesso ascendente dell’ansa. Nella tipo 1 è il cotrasportatore NKCC2 stesso a non funzionare a causa delle mutazioni del suo gene slc12a1 (15q15-q21.1). Viceversa nel tipo 2 è il gene del canale del potassio ROMK che è mutato: il deficit funzionale di ROMK impedisce il ricircolo del potassio dalla cellula verso il lume tubulare, limitando così la funzione del cotrasportatore NKCC2.

L’ipoparatiroidismo autosomico dominante è una malattia rara causata dalle mutazioni attivanti del sensore cellulare del calcio (calcium-sensing receptor, CaSR). L’attività del CaSR inibisce la produzione di PTH nelle paratiroidi e il riassorbimento di calcio nel tubulo renale. I pazienti si presentano con ipocalcemia sintomatica fin dai primi giorni di vita ed ipercalciuria associate a valori di PTH molto bassi. Può svilupparsi nefrocalcinosi e calcolosi renale per la marcata tendenza alla ipercalciuria aggravata anche dalla terapia con vitamina D e sali di calcio, utilizzati per il controllo die valori di calcemia (21).

Le iperossalurie sono un gruppo di malattie ereditarie autosomiche recessive nelle quali difetti enzimatici epatici del metabolismo del gliossilato causano escrezione elevata di ossalato con valori soperiori a 80 mg die. Il tipo 1 è dovuto a mutazione del gene AGT codificante per la alanina-gliossilato aminotrasferasi (22). I soggetti omozigoti sono perciò incapaci di metabolizzare a livello epatico il gliossilato che viene ossidato ad ossalato. Ne deriva una grave iperossaluria seguita da nefrocalcinosi, calcolosi renale ed insufficienza renale cronica progressiva. L’accumulo di ossalato interessa però anche gli altri organi con cardiomegalia, retinopatia, artropatia ed insuficienza arteriosa (ossalosi sistemica). Il quadro fenotipico si presenta con una severità molto variabile e la malattia si giova del trapianto di fegato. La diagnosi prevede di valutare l'attività dell'AGT sulle biopsie epatiche. L’iperossaluria di tipo 2 è causata da mutazioni al gene GRHPR che codifica l’enzima gliossilato reduttasi (23). Questo enzima riduce il gliossilato a glicolato e un suo deficit causa accumulo di gliossilato con gli stessi disturbi descritti per l’iperossaluria tipo 1 che però si manifestano con un decorso meno severo. 

 

La nefrolitiasi di cistina

La cistinuria è una malattia autosomica recessiva caratterizzata da un deficit del riassorbimento della cistina nel tubulo prossimale, associato talora a deficit del riassorbimento degli altriaminoacidi basici, lisina, ornitina e arginina. Si manifesta perciò con una escrezione urinaria anomala di cistina, che è solubile solo nelle urine alcaline, mentre in presenza dei comuni pH acidi urinari precipita in cristalli che, aggregandosi, danno origine a calcoli. Due geni sono implicati nella cistinuria: il gene SLC3A1, situato sul cromosoma 2, codifica per il carrier degli aminoacidi rBAT e causa cistinuria di tipo A in presenza di mutazioni; il gene SLC7A9, situato sul cromosoma 19, codifica per la proteina che ancora il carrier rBAT alla membrana cellulare e causa cistinuria di tipo B (24-26). Gli omozigoti o i doppi eterozigoti ad uno di questi due geni hanno elevati livelli di cistinuria (maggiore di 400 mg/die) e risultano affetti dalla malattia. Gli eterozigoti di cistinuria di tipo A non sviluppano calcoli renali perchè l’escrezione di cistina resta inferiore a 400 mg/die, mentre gli eterozigoti di tipo B possono sviluppare calcoli perchè i valori di cistinuria si pongono tra 400 e 1200 mg/die. La clinica della cistinuria prevede solo la calcolosi renale, che si presenta come una malattia recidivante che esordisce in età adolescenziale o giovanile, i cui calcoli sono Rx-opachi. 

 

La nefrolitiasi di acido urico 

Per la litiasi uratica valgono le stesse considerazioni già esposte per la nefrolitiasi di calcio. Essa può essere considerata come una malattia nella cui eziopatogenesi può essere inclusa una componente genetica. La sua trasmissione è verosimilmente complessa, anche se non esistono studi specifici su questo argomento. I geni implicati non sono molti ed hanno evidenziato un locus al sito 10q21-q22 (27).

 

Conclusioni

I dati forniti elencano una serie di malattie rare che possono essere causa di calcolosi renale e mettono a fuoco gli aspetti genetici generali della calcolosi idiopatica. Il quadro che ne emerge è sicuramente complicato, ma fa capire che la genetica riveste un ruolo importante per comprendere la storia clinica e le cause  della calcolosi renale. Sicuramente rivestirà un crescente significato per le potenziali applicazioni in ambito clinico.

Oggi esistono centri dedicati allo studio della calcolosi nei suoi aspetti genetici, o dedicati all’analisi di geni di malattie rare. Ad essi è utile fare riferimento per risolvere i problemi clinici e diagnostici dei pazienti nei quali si sospetta una calcolosi monogenica.

 

 

Tabella: malattie monogeniche che causano nefrolitiasi di calcio

Malattia

Gene 

Locus

Trasmis-sione

Proteina implicata

Difetto funzionale

Ref.

Sindrome di Dent’

CLCN5

Xp11.22

X-linked recessivo

ClC5 è un canale del cloro delle membrane degli endosomi delle cellule tubulari che consente l’acidificazione del loro contenuto

Mutazioni inattivanti causano difetto del riassorbimento di diverse sostanze (glucosio, fosfato, urato, sodio…) nel tubulo prossimale per alterato stato degli endosomi. Nefrolitiasi, nefrocalcinosi e insufficienza renale.

 

 

12

Sindrome di Dent’ 2

(Sindrome di Lowe)

OCRL1

Xq26.1

X-linked recessivo

OCRL1 è la 5-fosfatasi del fosfatidilinositol 4,5-bifosfato.

Mutazioni inattivanti causano accumulo di fosfatidil-inositolo 4,5-bifosfato seguito da polimerizzazione dell’actina e difetti delle giunzioni cellulari nel tubulo prossimale. Sviluppo di multipli difetti di riassorbimento nel tubulo prossimale, nefrolitiasi, nefrocalcinosi e insufficienza renale. Idroftalmia, cataratta, ritardo mentale.

 

 

13

Rachitismo ipofosforemico ipercalciurico

SLC34A3

9q34

AR

NPT2c è il cotrasporatore sodio-fosfato che riassorbe il fosfato nel tubulo prossimale.

 

Mutazioni inattivanti causano ipofosforemia, ipercalciuria, rachitismo e nefrolitiasi.

 

14

Ipomagnesemia famigliare con ipercalciuria e nefrocalcinosi

CLDN16

3q27

AR

Claudina 16 regola la permeabilità agli ioni delle giunzioni strette delle cellule del tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle.

 

Mutazioni causano perdita urinaria di magnesio e calcio, nefrocalcinosi e insufficienza renale progressiva negli omozigoti. Nefrolitiasi negli eterozigoti.

 

 

Ipomagnesemia famigliare con ipercalciuria e nefrocalcinosi con difetti oculari

CLDN19

1p34.2

AR

Claudina 19 regola la permeabilità agli ioni delle giunzioni strette delle cellule del tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle.

 

Mutazioni causano perdita urinaria di magnesio e calcio, nefrocalcinosi e insufficienza renale progressiva negli omozigoti. Coloboma maculare, miopia e nistagmo.

 

 

16

Acidosi tubulare distale

ATP6NB

7q33-q34

AR

La subunità b-ATP6N1B della pompa dei protoni permette l’acidificazione urinaria da parte delle cellule intercalate a del dotto collettore.

 

Mutazioni inattivanti causano difetto della acidificazione urinaria nel dotto collettore. Acidosi ipopotassiemica e ipercloremica con nefrocalcinosi e nefrolitiasi.

 

 

17

Acidosi tubulare distale con sordità neurosensoriale progressiva

ATP6B1

2cen-q13

AR

La subunità ATP6B1 della pompa dei protoni permette l’acidificazione urinaria da parte delle cellule intercalate a del dotto collettore.

Mutazioni inattivanti causano difetto della acidificazione urinaria nel dotto collettore. Acidosi ipopotassiemica e ipercloremica con nefrocalcinosi e nefrolitiasi. Sordità neurosensoriale progressiva.

 

 

18

Acidosi tubulare distale

SLC4A1

17q21-q22

AD

Il canale degli anioni media il riassorbimento del bicarbonato e degli anioni nelle cellule intercalate a del dotto collettore.

Mutazioni inattivanti causano difetto della acidificazione urinaria nel dotto collettore. Acidosi ipopotassiemica e ipercloremica con nefrocalcinosi e nefrolitiasi negli omozigoti.

Nefrolitiasi ed acidosi tubulare incompleta negli eterozigoti.

 

 

19

Sindrome di Bartter tipo 1

SLC12A1

15q15-q21.1

AR

NKCC2 è il cotrasportatore che riassorbe sodio, potassio e cloro nel tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle.

Mutazioni inattivanti impediscono riassorbimento di sodio, potassio e cloro. Ne deriva ipopotassemia, alcalosi, ipercalciuria, iperaldosteronismo secondario e nefrocalcinosi.

 

 

20

Sindrome di Bartter tipo 2

KCNJ1

11q24

AR

ROMK1 è un canale del potassio. Impedisce la funzione del cotrasportatore NKCC2.

Mutazioni inattivanti impediscono riassorbimento di sodio, potassio e cloro. Ne deriva ipopotassemia, alcalosi, ipercalciuria, iperaldosteronismo secondario e nefrocalcinosi.

 

 

20

Ipoparatiroidismo autosomico dominante

CASR

3q13.3-q21

AR

Calcium sensing receptor inibisce il riassorbimento di calcio nel tratto ascendente spesso dell’ansa di Henle.

 

Mutazioni molto attivanti causano ipocalcemia Ipercalciuria e iperfosfatemia.

 

21

Iperossaluria primaria di tipo 1

AGT

2q36-q37

AR

AGXT è la alanina-gliossilato aminotrasferasi nel fegato

Il deficit enzimatico causa accumulo di gliossilato che, ossidato a ossalato, causa deposito di calcio-ossalato nei tessuti, iperossaluria e sviluppo di IRC

 

22

Iperossaluria primaria di tipo 2

GRHPR

9p11

AR

GRHPR è l’enzima che riduce il gliossilato a glicolato nel fegato

Il deficit enzimatico causa accumulo di gliossilato che, ossidato a ossalato, causa deposito di calcio-ossalato nei tessuti, iperossaluria e sviluppo di IRC

23

 

 

 

Bibliografia

 

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release  1
pubblicata il  24 giugno 2011 
Da Giuseppe Vezzoli
Parole chiave: calcolosi renale, Malattie genetiche
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