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Best practice

Ipertensione Arteriosa in CKD: suggerimenti di pratica clinica e di applicazione delle Linee Guida

Reno-protezione e CKD avanzata: utile usare gli inibitori del RAS?

Quesito Clinico

Introduzione e identificazione del quesito clinico

Numerosi studi clinici, sia trials randomizzati e controllati (RCT) sia metanalisi, hanno evidenziato un effetto favorevole dei farmaci che inibiscono il sistema renina-angiotensina (RAS) nel rallentamento della progressione del danno renale in pazienti con malattia renale cronica (MRC)  (Maschio -1996 [1] (full text)) (The GISEN Group - 1997 [2]) (Lewis EJ - 993 [3] (full text)) (Gansevoort RT - 1995 [4]) (Agodoa LY - 2001 [5] (full text)) (Brenner BM - 2001 [6] (full text)) (Lewis EJ -2001 [7] (full text)) (Jafar TH -2003 [8]) (Giatras -1997 [9]).

I benefici del trattamento con inibitori del RAS è particolarmente evidente nei pazienti proteinurici e tende a scomparire per livelli di proteinuria <0.5 g/die (Jafar TH- 2001 [10])

Tali farmaci, tuttavia, possono indurre come effetto collaterale un’iperpotassiemia e/o un peggioramento acuto della funzione renale particolarmente in quei pazienti con una notevole componente aterosclerotica e con un filtrato glomerulare marcatamente ridotto (Palmer BF -2003 [11] (full text)).

Il timore di tali complicanze, benché totalmente reversibili (Bakris GL - 2000 [12] (full text)), spiega come spesso l’utilizzo di tali farmaci si riduce con il progredire della malattia renale (De Nicola - 2006 [13]).

Evidenze

Definizione dell’evidenza disponibile

Le evidenze disponibili sull’efficacia e la sicurezza degli inibitori dell’enzima di conversione (ACE-I) o degli antagonisti recettoriali dell’angiotensina II (ARA) in pazienti con MRC avanzata sono molto limitate. Sono disponibili due RCT e un’analisi secondaria di uno studio randomizzato (Ihle BU -1996 [14]) (Hou FF -2006 [15] (full text)) (Ruggenenti P -2001 [16] (full text)).

In un RCT a doppio cieco, Ihle et al hanno arruolato 70 pazienti non diabetici, ipertesi con clearance della creatinina (ClCr) media di 15 mL/min e proteinuria media >2 gr/die, che ricevevano enalapril 5 mg/die (n=36) o placebo (n=34) per due anni (Ihle BU -1996 [14]). Nell’analisi “intention to treat” l’enalapril riduceva significativamente l’endpoint primario (la velocità di progressione della malattia renale), indipendentemente dal parametro considerato (Tabella I) (v. Tabella Ib) 

Inoltre, a 24 mesi, si osservava una significativa riduzione della proteinuria con enalapril (da 1.7 a 1.3 g/die, P<0.001) e un aumento dopo placebo (da1.3 a1.4 g/die, P=0.051). Durante lo studio non vi erano significative differenze tra i due gruppi né per quanto riguarda gli eventi avversi (clinici o di laboratorio) né sul numero di pazienti che sospendevano il trattamento (5 nel gruppo enalapril e 3 nel gruppo placebo).  

Il secondo RCT sull’argomento ha coinvolto 422 pazienti cinesi non diabetici con CKD non in trattamento con farmaci inibitori del RAS. I pazienti erano randomizzati a benazepril o placebo in aggiunta ad altra terapia antiipertensiva per raggiungere il target pressorio di <130/80 mmHg (14). I pazienti erano divisi in due gruppi sulla base dei livelli di creatinina:

  • Gruppo 1: 141 pazienti con creatinina 1.5-3.0 mg/dL (GFR medio 37±6 mL/min/1.73 m2 e proteinuria 1.6±0.8 g/die).
  • Gruppo 2: 281 pazienti con creatinina 3.1-5.0 mg/dL (GFR medio 26±5 mL/min/1.73 m2 e proteinuria 1.6±0.7 g/die).

Tutti i pazienti erano sottoposti ad un periodo di run-in (8 settimane) in cui era somministrato benazepril 10 mg/die; i pazienti erano monitorati settimanalmente per pressione arteriosa, creatinina e potassio; la dose era aumentata a 10 mg due volte al giorno se l’aumento della creatinina era <30%, il potassio <5.6 mEq/L, e non erano registrati eventi avversi. Durante il run-in, 94 pazienti erano esclusi dallo studio per tosse (n=72), riduzione marcata della funzione renale (n=9), scarsa aderenza (n=8) o iperpotassiemia (n=5).

Tutti i 104 pazienti del gruppo 1 ricevevano benazepril (10 mg due volte al giorno poiché era considerato non etico somministrare placebo), mentre i 224 pazienti del gruppo 2 erano randomizzati a placebo o benazepril (10 mg due volte al giorno). L’endpoint primario era il composito di raddoppio della creatinina, ESRD, o morte, mentre gli endpoints secondari erano la riduzione della proteinuria e la velocità di progressione della malattia renale.

Durante il follow-up (media 3.4 anni) una minore incidenza dell’endpoint primario era osservato nel gruppo benazepril rispetto al placebo (41% versus 60%) con una riduzione del rischio del 43%. L’incidenza di endpoint primario nei pazienti del gruppo 1 (con minore danno renale) trattati con benazepril era del 22%.  Rispetto al placebo, il trattamento attivo induceva anche una maggiore riduzione della proteinuria (52% versus 20%, P<0.001) e una più lenta progressione della malattia renale (6.8 versus 8.8 mL/min/1.73 m2 per anno, P=0.006). Tali effetti favorevoli del benazepril erano indipendenti dalla pressione arteriosa. Infine, l’incidenza di eventi avversi era simile tra benazepril e placebo. In particolare, nei pazienti con malattia renale più avanzata (gruppo 2), l’iperkaliemia era registrata nel 5.4% dei pazienti trattati con benazepril e nel 4.5% di chi riceveva placebo; inoltre, un peggioramento acuto della funzione renale era notato nel 0.9% dei pazienti in entrambi i gruppi.

Un’ulteriore evidenza in favore dell’effetto protettivo degli ACE-I anche in pazienti con CKD avanzata è stata riportata in un’analisi secondaria dello studio REIN (Ruggenenti P -2001 [16] (full text)). Lo studio REIN è stato condotto in pazienti non diabetici di età compresa tra 18 e 70 anni, con nefropatie proteinuriche croniche (proteinuria >1 g/24 h negli ultimi tre mesi) e con ClCr tra 20 e 70 ml/min/1.73 m2, che non avevano ricevuto inibitori del RAS negli ultimi tre mesi. I 322 pazienti arruolati nello studio erano suddivisi in base al livello basale del GFR in tre gruppi (terzile basso, GFR 11-33 mL/min/1.73 m2; terzile intermedio, GFR 33-51 mL/min/1.73 m2; terzile alto, GFR 51-101 mL/min/1.73 m2). La terapia con ramipril riduceva la velocità di riduzione del GFR nei tre terzili del 20, 22 e 35%, rispettivamente, e l’incidenza di ESRD del 33, 37 e 100%, rispettivamente. L’incidenza di eventi avversi era simile nei tre terzili e nell’ambito di ogni terzile non vi erano differenze tra ramipril e terapia convenzionale.

Più recentemente, uno studio osservazionale ha mostrato che in pazienti con CKD stadio 4-5 la sospensione di ACE-i o ARA si associava ad un miglioramento significativo del GFR tale da indurre gli Autori a suggerire sistematicamente la sospensione di tali farmaci nella CKD avanzata (Ahmed AK - 2010 [17]). Tuttavia, questo studio non è stato incluso nelle evidenze disponibili non solo in quanto tale osservazione è stata ampiamente descritta e dipende essenzialmente da alterazioni emodinamiche del tutto reversibili (Bakris GL - 2000 [12] (full text)), ma soprattutto perché, lo studio presentava bias (paziente quasi tutti anziani) e informazioni mancanti (prospettico o retrospettivo, modalità di selezione dei pazienti, analisi statistica) tali da precludere l’attendibilità dei risultati. (Ahmed AK - 2010 [17]). Per quanto riguarda l’implementazione di tali risultati nell’attività clinica quotidiana, è pratica comune sospendere farmaci che inibiscono il RAS nelle fasi avanzate della MRC al fine di disporre di un ulteriore margine di filtrato in soggetti vicini ad iniziare la dialisi e prolungare, in tal modo, di qualche mese il trattamento conservativo. Un recente studio epidemiologico Italiano supporta indirettamente questo approccio limitatamente ai pazienti con MRC molto avanzata (GFR<15 ml/min/1.73m2), in cui la proteinuria non ha più un ruolo prognostico sulla progressione verso il trattamento dialitico. In tali pazienti, pertanto, la sospensione dei farmaci inibenti il RAS sembrerebbe giustificata dal fatto che anche riducendo la proteinuria non si ottiene un miglioramento della prognosi renale (De Nicola L - 2011 [18]). D’altra parte, in molti pazienti la terapia con il RAS può essere continuata anche nelle fasi più avanzate senza complicanze e spesso aiuta ad ottenere un buon controllo dei valori pressori.

L’ultima citazione è rappresentata da uno studio retrospettivo condotto in un piccolo numero di pazienti con MRC stadio IV in cui si confrontava l’incidenza di ESRD tra coloro che assumevano telmisartan (n=36) e pazienti (n=36) che ricevevano terapia convenzionale (no inibitori del SRAA). Il gruppo trattato con telmisartan aveva un rischio di progressione verso l’ESRD del 45% inferiore rispetto ai controlli associato ad una significativa riduzione della proteinuria e all’assenza di eventi avversi. La bassa numerosità dei pazienti studiati, l’assenza di criteri di selezione e il disegno retrospettivo dello studio richiedono cautela nell’interpretazione di questi risultati.

Risposta al quesito

Riassunto della risposta al quesito

Le evidenze disponibili mostrano un effetto nefroprotettivo degli ACE-I, in assenza di significativi effetti collaterali, anche in pazienti con CKD avanzata, ma limitatamente alla malattia renale cronica di origine non-diabetica.

Commenti

Commento dei limiti dell’evidenza e della sua applicabilità e generalizzabilità

Il maggiore limite di tali studi risiede nell’esclusione dei pazienti diabetici che rappresentano il sottogruppo maggiormente a rischio per lo sviluppo di iperkaliemia (per la frequente contemporanea presenza di acidosi tubulare di tipo 4). La sicurezza della terapia riflette almeno in parte l’esclusione dei pazienti a maggior rischio. Infatti nello studio cinese, era previsto un periodo di run-in di due mesi in cui i pazienti erano strettamente monitorati al fine di escludere chi risultava intollerante all’ACE-I (es. tosse, iperkaliemia, riduzione acuta del GFR) (Hou FF -2006 [15] (full text)). Inoltre, l’assenza di episodi frequenti di iperkaliemia poteva anche essere dipendente dall’uso frequente di diuretici (80% dei pazienti del gruppo 2) e dal minore introito di potassio tipico delle diete asiatiche (Hebert LA - 2006 [19]). Nello studio REIN, i pazienti con sospetto di stenosi dell’arteria renale o di ipovolemia erano esclusi e la terapia diuretica era generalmente interrotta prima di iniziare il trattamento con ramipril, che tra l’altro era iniziato a dosi basse e successivamente titolato verso l’alto. Infine, gli studi pubblicati finora hanno utilizzato come inibitori del RAS esclusivamente ACE-I e non ARA, benché sia opinione comune che in termini di efficacia le due classi di farmaci siano del tutto sovrapponibili.

Effetti Collaterali

Minimizzare gli effetti collaterali nei pazienti con CKD avanzata

I seguenti accorgimenti sono stati suggeriti per limitare gli effetti collaterali di ACE-I e ARA nei pazienti con CKD.

  • Poiché la riduzione del GFR indotta da tali farmaci si osserva tipicamente nei primi giorni di terapia, creatininemia e potassiemia dovrebbero essere misurate entro una settimana dall’inizio della terapia o dall’aumento di dosaggio del farmaco.
  • ACE-I o ARA devono essere sospesi se l’aumento della creatinina è ≥30% (Bakris GL - 2000 [12] (full text)).
  • Alcuni Autori suggeriscono di iniziare con dosi di farmaco basse (es. 15-25% della dose massimale raccomandata) (Hebert LA - 2006 [19]).
  • L’utilizzo concomitante di diuretici oltre che indicato per ottimizzare il controllo pressorio, potrebbe essere utile per ridurre il rischio di iperpotassiemia.
  • A tal fine, è senz’altro efficace anche limitare l’introito dietetico di potassio ed evitare farmaci antiinfiammatori non-steroidei.
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BibliografiaReferences

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release  1
pubblicata il  16 luglio 2012 
Da Roberto Minutolo
Parole chiave: INibitori RAS, ipertensione, malattia renale cronica
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