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Best practice

Il catetere per dialisi peritoneale

Scelta del catetere

Stefano Maffei –  SCDO  Nefrologia e Dialisi – CTO/M. Adelaide di Torino 

Introduzione e revisione della letteratura 

E’ opinione condivisa che il catetere peritoneale “ideale” dovrebbe assicurare un rapido flusso bidirezionale senza comparsa di leakage o infezioni; a queste caratteristiche rispondono da anni in modo più che dignitoso il catetere originale di Tenckhoff e le sue varianti, proposte successivamente nel tentativo di ridurne le comunque possibili complicanze [1].

Considerato tuttavia che al momento gli studi, spesso peraltro di numerosità limitata, non hanno individuato una variante di catetere superiore ad altra, sembra che più del tipo di catetere utilizzato, siano determinanti per il favorevole “outcome” dello stesso la tecnica di posizionamento e la cura dell’exit-site  [2].

In ogni caso il nefrologo deve conoscere le caratteristiche dei cateteri presenti sul mercato al fine di scegliere quello che più si adatta alla propria tecnica di posizionamento ed alle caratteristiche del paziente.

Per descrivere le principali caratteristiche del catetere occorre fare riferimento al modello originario di Tenckhoff, ideato nel lontano 1968 ma ancora oggi il più usato seppur in varie configurazioni [3]. Il materiale usato è il silicone, dotato di minor azione irritante rispetto al polivinile o altri materiali in precedenza utilizzati, atraumatico per i tessuti circostanti, morbido, flessibile e privo di plasticizzanti rilasciabili clinicamente dannosi. Nella forma per l’adulto la lunghezza complessiva è di circa 40 cm, strutturata in un segmento intraperitoneale diritto munito di multipli forellini, un segmento transparietale o intramurale, un segmento sottocutaneo ed un segmento esterno o extra-addominale; il diametro interno è di 2,6 mm; 2 cuffie di poliestere (Dacron), una profonda intramurale ed una superficiale sottocutanea, lo ancorano ai tessuti; una striscia radiopaca ne permette infine una facile identificazione radiologica in caso di dislocazioni o rotture accidentali [Figura 1]. 

Come accennato, numerose varianti del modello originale sono state proposte nel corso degli anni tanto da avere attualmente a disposizione sul mercato diverse combinazioni per quanto riguarda il numero delle cuffie (1 o 2), la configurazione dell’estremità intraperitoneale diritta (straight) o a spirale (coiled), la conformazione del tratto sottocutaneo del catetere diritta o precurvata a “collo di cigno” (swan-neck), la presenza infine di dispositivi atti a impedire la dislocazione del tratto intraperitoneale [Figura 2 , Figura 3].

Fra queste, una variante ampiamente usata è il catetere Swan-Neck ovvero un Tenckhoff classico caratterizzato tuttavia da una precurvatura del tratto sottocutaneo compreso fra le 2 cuffie con un angolatura di 170-180°, tale da ricordare la sinuosità del collo di cigno [Figura 4]: questa conformazione consente di direzionare verso il basso l’uscita del catetere agevolando il drenaggio verso l’esterno di eventuali secrezioni, riducendo così le complicanze infettive dell’exit site; inoltre tale configurazione annullerebbe la memoria elastica del catetere riducendo la dislocazione dell’estremità intraperitoneale e l’estrusione della cuffia superficiale [4].

Entrambi i tipi di cateteri, Tenckhoff originale e variante Swan-Neck sono disponibili con l’estremità intraperitoneale o “tip” diritta (straight) o a spirale (coiled); quest’ultima avrebbe più funzioni: limiterebbe la dislocazione e l’intrappolamento omentale e soprattutto allevierebbe il dolore addominale al carico in pazienti con peritoneo “sensibile” a flussi infusionali particolarmente vivaci, sarebbe inoltre meno traumatica per i visceri rispetto ai modelli con estremità diritta.

Fra le altre varianti, ideate soprattutto per minimizzare la dislocazione del tip intraperitoneale, ricordiamo:

  • catetere Toronto Western Hospital (TWH) [Figura 5]: è un Tenckhoff caratterizzato dalla presenza di 2 dischi di silicone posizionati perpendicolarmente nell’ultima porzione del tratto intraperitoneale del catetere con il duplice scopo di tenere lontani l’omento e le anse intestinali dai forellini di deflusso e di minimizzare la migrazione del tip; gli svantaggi includono una maggiore difficoltà nell’impianto e nella rimozione del catetere [5];
  • catetere a T di Ash e Janlel: in questo modello la porzione intraperitoneale, posizionata a contatto con il peritoneo parietale, presenta, anziché i forellini laterali, 8 ampie scanalature a becco di flauto; le scanalature e la forma a T garantirebbero rispettivamente un miglior flusso e minori problemi di dislocazione [6];
  • catetere autolocante di Di Paolo [Figura 6]: è un Tenckhoff diritto caratterizzato da un piccolo cilindro di tungsteno dal peso di 12 grammi incorporato nell’estremità intraperitoneale del catetere; un tale “appesantimento” ne impedirebbe la dislocazione al di fuori della pelvi [7].

Alternative al silicone come materiale costituente il catetere:

  • catetere di Cruz: alcuni anni fa quest’autore propose un catetere in poliuretano, materiale più biocompatibile del silicone, dotato di un lume più ampio (3,1 mm) a parità di diametro esterno rispetto al Tenckhoff tradizionale, caratterizzato inoltre da una doppia precurvatura del tratto intraperitoneale e di quello sottocutaneo, mirata ad ostacolare dislocazioni: dopo un iniziale fase di successo questo catetere mostrò un facile danneggiamento al contatto con soluzioni disinfettanti alcoliche, tale da indurre a ridimensionarne progressivamente l’uso [8].

Alternative al sistema di ancoraggio: oltre alle classiche cuffie in Dacron, distanti fra di loro normalmente 5 cm (consigliata tuttavia una maggiore distanza per pazienti obesi), sono state proposte delle soluzioni alternative o aggiuntive: nel catetere TWH e nello Swan-Neck Missouri, oltre alle 2 cuffie in Dacron, un rinforzo sferico ed una flangia  site nella porzione intramurale del catetere, sono fissate rispettivamente subito al di sotto del peritoneo e fra il peritoneo e la fascia posteriore del muscolo retto; tale fissaggio ridurrebbe le possibilità di leakage a scapito tuttavia di una maggiore complessità d’impianto [Figura 4].

Un altro aspetto da considerare è la valutazione della lunghezza del catetere che deve essere personalizzata in base alla conformazione fisica del paziente; a questo proposito molto rilevante è l’esperienza di Crabtree che descrive un metodo per determinare la giusta lunghezza e configurazione del catetere tale da conciliare la localizzazione del tratto intraperitoneale nella pelvi con la tunnellizzazione adeguata in base alla morfologia e alle dimensioni  del paziente [9].

A sostegno di quest’ultimo concetto si segnalano due note varianti:

  • catetere Swan-Neck con uscita presternale: è una variante dello Swan-Neck Missouri con estremità a spirale, composto da due cateteri in silicone collegati fra di loro in modo termino-terminale da un raccordo di titanio: la parte inferiore costituisce il segmento intra-addominale e parte del segmento intramurale, quello superiore o toracico costituisce la rimanente parte del segmento intramurale e tutto il tunnel sottocutaneo dotato di 2 cuffie di Dacron; questa tipologia di catetere trova indicazione nei pazienti molto obesi o in quelli portatori di stomia [10];
  • catetere Vicenza [Figura 7]: il “Vicenza short peritoneal catheter” è un catetere di Tenckhoff diritto a doppia cuffia caratterizzato da una minor lunghezza del tratto intraperitoneale (8 cm vs. 15 cm) rispetto al modello originale, ideato dal gruppo di Vicenza ed indicato per l’infissione in sede sovrapubica nell’intento di limitare il rischio di intrappolamento omentale e dislocazione [11].

Nel panorama dei cateteri per dialisi peritoneale vanno infine ricordati quelli dedicati alla Continuous Flow Peritoneal Dialysis; in questo settore Ronco et al. hanno recentemente messo a punto un catetere a doppio lume con incorporato un diffusore in silicone [Figura 8]; per ridurre il ricircolo la configurazione del diffusore fa si che il liquido, infuso ad alti flussi, sia disperso a 360° riducendo il trauma contro il peritoneo parietale e permettendo al dialisato di miscelarsi nella cavità peritoneale; il liquido è poi drenato dalla seconda branca del catetere il cui tip è posizionato nel cavo del Douglas [12].

Di fronte ad un tale sviluppo di varianti del catetere, numerosi studi, su casistiche tuttavia limitate, sono stati condotti al fine di individuare quale possa risultare il catetere migliore, sia in termini di sopravvivenza che di ridotta incidenza di complicanze; fermo restando che un’accettabile sopravvivenza del catetere dovrebbe essere a 1 anno non inferiore all’80% [1], le recenti linee guida della britannica Renal Association, in accordo peraltro con altre precedenti linee guida internazionali, indicano che non é stata ancora provata la superiorità di un catetere verso un altro [13]

Sintesi e conclusioni 

Dalla revisione dei trial randomizzati e controllati (RCT) su cui sono basate le linee guida SIN  [14]  si può quindi sintetizzare che:

 

  • non vi sono evidenze che la configurazione del segmento intraperitoneale “a spirale” offra vantaggi rispetto al catetere con terminale diritto sia in termini di prevenzione delle complicanze infettive che di sopravvivenza del catetere;
  • analogamente non esistono differenze significative tra cateteri a una cuffia (intramurale) e a due cuffie per quanto riguarda numero di peritoniti, infezione dell’exit-site/tunnel, la rimozione o sostituzione del catetere peritoneale;
    • i cateteri a due cuffie posizionati con l’exit-site rivolto verso il basso potrebbero comportare un minor rischio di infezione dell'exit-site stesso.

 

In conclusione non esistono chiari elementi a favore di una particolare tipologia di catetere, il cui successo molto dipende sia dall’esperienza dell’operatore e dalla padronanza della sua tecnica di posizionamento che da una attenta cura dell’exit-site; tuttavia in base all’esperienza quotidiana ed ai dati della letteratura, seppur come detto non corredati da una robusta significatività statistica, sembra ragionevole optare per un catetere in silicone a due cuffie con orientamento dell’exit-site verso il basso; per agevolare tale direzione del tunnel e per far fronte alle non infrequenti migrazioni del tratto intraperitoneale, le varianti Swan-Neck e quella autolocante rappresentano due possibili alternative al catetere di Tenckhoff classico.

BibliografiaReferences

[1] Gokal R, Alexander S, Ash S, Chen TW, Danielson A, Holmes C, et al. Peritoneal catheters and exit site practice toward optimum peritoneal access: 1998 update. Perit Dial Int 1998; 18: 11-33.

[2] Crabtree JH. Is the Tenckhoff catheter still the first choice for use with peritoneal dialysis? Semin Dial 2011; 24(4): 447-8.

[3] Tenckhoff H, Schechter H. A bacteriologically safe peritoneal access device. Trans Am Soc Artif Intern Organs 1968; XIV: 181-7.

[4] Twardowski ZJ, Khanna R, Nolph KD, Nichols WK, Ryan LP. Preliminary experience with the Swan Neck peritoneal dialysis catheters. ASAIO Trans 1986; 32(1): 64-7.

[5] Sikaneta T, Cheung KM, Abdolell M, Tam P, Ting R, Fung J, et al. The Toronto Western Hospital catheter: one center's experience and review of the literature. Int J Artif Organs 2006; 29: 59-63.

[6] Ash SR, Janle EM. T-Fluted peritoneal dialysis catheter. Adv Perit Dial 1993; 9: 223-6.

[7] Di Paolo N, Petrini G, Garosi G, Buoncristiani U, Berardi S, Monaci G. A new self-locating peritoneal catheter. Perit Dial Int 1996; 16: 623-7.

[8] Cruz C. The Cruz catheter and its functional characteristics. Perit Dial Int 1997; 17 (Suppl 2): 146-8.

[9] Crabtree JH, Burchette RJ, Siddiqi NA. Optimal peritoneal dialysis catheter type and exit site location: an anthropometric analysis. ASAIO J 2005; 51(6): 743-7.

[10] Twardowski ZJ. Presternal peritoneal catheter. Adv Ren Replace Ther 2002; 9: 125-32.

[11] Dell'Aquila R, Chiaramonte S, Rodighiero MP, Di Loreto P, Spanò E, Nalesso F, et al. The Vicenza “short” peritoneal catheter: a twenty years experience. Int J Artif Organs 2006; 29: 123 -7.

[12] Ronco C, Wentling AG, Amerling R, Cruz C, Levin NW. New catheter design for continuous flow peritoneal dialysis. Contrib Nephrol 2004; 142:447-61.

[13] Figueiredo A, Goh BL, Jenkins S, Johnson DW, Mactier R, Ramalakshmi S, Shrestha B, Struijk D, Wilkie M. Clinical practice guidelines for peritoneal access. Perit Dial Int 2010; 30(4): 424-9.

[14] De Vecchi A, Corciulo R, Salomone M, Russo R, Amici A, D'Amico M, Feriani M, La Milia V, Virga G, Cancarini G. Catheter-related interventions to prevent peritonitis in peritoneal dialysis: guideline from the Italian Society of Nephrology. G Ital Nefrol. 2007; 24 (Suppl 37): 136-48.

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release  1
pubblicata il  27 settembre 2012 
Da Stefano Santarelli
Parole chiave: catetere peritoneale
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