Era il 1974, avevo vent'anni e un'idea della vita così vasta che ci volavo dentro. Il medico che mi visitò, era un giovane brillante con la barba, con entusiasmo mi disse che dovevo fare la dialisi e che l'avrei fatta a casa con una attrezzatura che stava in un metro quadro e che questo era il nuovo approccio e tante cose così. Di che cosa fosse la dialisi neanche una parola. Ci misi un po' a scoprire che quella pratica avrebbe cambiato la mia vita per sempre. Oggi, quarant'anni dopo lo so bene che “entrare in dialisi” significa salvarsi da una morte certa prima, e poter mettere in piedi una vita più o meno normale poi. Ma allora non ne sapevo nulla e ogni settimana che passava scendevo di un piano nell'inferno dei vivi. Era il secondo periodo di questa terapia, quello pionieristico era appena passato ma non concluso del tutto e si susseguivano abbastanza frequentemente nuove tecniche, nuovi farmaci, nuovi strumenti. Nonostante tutti, medici e op…