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Vol. 14 - 1997

n. 2 - marzo-aprile

  • Prevenzione della diffusione di HCV nei centri dialisi. Commenti sulle raccomandazioni della SIN (Editoriale breve).
    F. Fabrizi, S. Di Filippo, F. Locatelli
  • Difese immunologiche e peritonite nella dialisi peritoneale (Rassegna)
    S. Carozzi, M,G. Nasini, M. Ravera, A. Pietrucci, A. Sanna, A. Tirotta, O. Santoni, S. Lamperi
  • L'ipertensione in gravidanza: una patogenesi attuale (Rassegna)
    M. Buemi, A. Allegra, C. Aloisi, R. D'Anna, N. Frisina, F Corica
  • Aumento della reattività vascolare in arterie isolate di ratto esposte a flusso di perfusione crescente
    D. Russo, FA. Savino, P. Frattolillo, M.C. Tagariello, F Zuppieri, L. De Nicola, R. Minutolo

    Un elevato flusso di perfusione (FP) e un aumento della reattività vascolare (RV) agli agonisti sono due fattori critici della patogenesi dell'ipertensione arteriosa. Il presente studio valuta le potenziali interazioni tra questi due fattori e il ruolo dei principali agenti vasoattivi endoteliali e del calcio. L'intero letto mesenterico (AM) era isolato da ratti Sprague-Dawley (n=54) e perfuso in vitro con soluzione fisiologica a flusso costante (3.5 ml/min; FPC) o a flusso aumentato (3.5, 4.5, 5.5, 6.5 ml/min; FPA). In FPA la pressione di perfusione non variava mentre le resistenze vascolari si riducevano (p>0.05). In FPC, l'escrezione di endotelina-1 (ET1) e di CGMP, indice del rilascio di ossido nitrico (NO), non variavano. Al contrario, in FPA l'escrezione di CGMP aumentava con l'aumentare di FP (p>0.05), mentre un aumento dell'ET-1 (p>0.05) era osservabile solo ai valori di FP più elevato (6.5 ml/min). RV, testata mediante infusione separata di noradrenalina e KCI, era aumentata in FPA (p>0.01 vs FPC). L'infusione di fosforamidone, inibitore dell'enzima di conversione dell'ET-1, non influenzava l'aumento di RV in FPA, mentre l'aggiunta di manidipina, calcio-antagonista diidropiridinico, al liquido di perfusione aboliva tale fenomeno. In AM, pertanto, l'aumento di FP induce una vasodilatazione NO-dipendente che supera gli effetti pressori propri dell'ET-1 ; ciò nonostante la RV risulta aumentata. Tale fenomeno appare indipendente dall'ET1, ma è abolito dal calcio-antagonista. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 85-92)

  • Determinazione "on-line" dell'urea e previsione del valore equilibrato mediante biosensore in paired filtration dialysis
    S. Mandolfo, A. Santoro, G. Colasanti, C. Tetta, G. Fustolo, M. Spongano, G. Arrigo, E. Imbasciati

    Il monitoraggio continuo dell'urea mediante biosensori ha aperto la possibilità di studiare la reale cinetica intradialitica. Recentemente è stato sviluppato un modello matematico (UMS) basato sul profilo dell'urea nell'UF ottenuto mediante biosensore (UreaSensor ©) in PFD. Tale modello è in grado di stimare il valore di urea all'inizio (Co) e di prevedere il valore di urea all'equilibrio (Ceq) dopo 90 minuti di trattamento. Al fine di validare l'accuratezza di UMS, sono state effettuate 43 sedute, in 10 di esse è stata eseguita la quantificazione diretta (DDQ). I valori previsti dal modello (CO-UMS e Ceq-UMS) sono stati confrontati con i dati ottenuti dal biosensore mediante una fase iniziale (15 min) e finale (30 min) di ultrafiltrazione isolata. Nessuna differenza significativa è stata evidenziata fra Co e CO-UMS (-1.8±1.6 mg/dl) e fra Ceq e Ceq-UMS (l.3±3.7 mg/dl). I limiti di "agreement" sono compresi rispettivamente fra -5 mg/dl e + 1.4 mg/dl (Co-UMS), -6.1 mg/dl e + 8.7 mg/dl (Ceq/UMS). Utilizzando CO-UMS e Ceq-UMS nella nuova formula di Daugirdas per il calcolo del KT/V, è possibile ottenere dopo 90 minuti di trattamento il valore della dose dialitica all'equilibrio (KT/V-UMS). Nei confronti della DDQ, KT/V-UMS presenta un soddisfacente livello di accuratezza (differenza media 0.07±0.04, limiti di "agreement" compresi tra -0.01 e +0.15). (Giorn It Nefrol 1997; 14: 93-8).

  • pH intracellulare e l'attività del Na/H antiporto nei pazienti uremici in trattamento dialitico peritoneale
    G. Rombolà, R. Galato, M. G. Cozzi, A. Dal Col, G. Civati

    Abbiamo recentemente dimostrato che il pHi, misurato in presenza di HC03/C02, nei pazienti in emodialisi e in assenza di acidosi è normale. Tuttavia, negli stessi pazienti la velocità di rialcalinizzazione cellulare, dopo l'induzione di una profonda acidosi intracellulare è risultata depressa rispetto ai controlli. Questa ridotta attività potrebbe essere dovuta o all'uremia di per sé oppure ad altre cause legate alla metodica dialitica. Allo scopo di chiarirne la causa, abbiamo studiato la regolazione del pHi e la cinetica del Na/H antiporto in un gruppo di pazienti in CAPD e la cinetica del Na/H antiporto in un gruppo di pazienti in CAPD. Il pHi è stato misurato in 25 pazienti (14 maschi e 1 1 femmine, età 45-75 anni) in CAPD (4 scambi x 2 L/die) da più di un anno e senza recenti episodi infettivi. I valori di controllo (C) del pHi sono stati ottenuti in 25 soggetti sani. Il pHi nei pazienti è risultato normale sia in presenza di HC03/CO2 (media ± SEM: 7.25±0.05 vs 7.29±0.03, CAPD vs C rispettivamente, p=NS) sia in sua assenza (7.15±0.02 vs 7.23±0.03, CAPD vs C rispettivamente, p=NS); anche l'attività del Na/H antiporto (primi 30 secondi della fase di rialcalinizzazione dopo l'induzione di un'acidosi intracelluiare, da 6.20 a 6.80) è risultata normale. I nostri dati indicano che i pazienti in CAPD hanno una normale regolazione del pHi sia in presenza sia in assenza di HCO3/CO 2 e una normale attività del Na/H antiporto. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 99-107).

  • Realizzazione di uno studio multicentrico per la valutazione mediante monitoraggio ambulatorio (ABPM) del fenomeno ipertensione arteriosa nei pazienti uremici in dialisi peritoneale: criteri organizzativi e qualità dei risultati
    A. Lucatello, R. Cocchi, E. Degli Esposti, A. Sturani, F. Ouarello, M. Bruno, C. Dadone, A. Favazza, R. Scanziani, A. Tommasi, A. Giangrande

    Scopo del presente lavoro è quello di descrivere in modo dettagliato gli aspetti organizzativi, lo svolgimento pratico ed i risultati, intesi come qualità dei dati ottenuti, di un protocollo di studio policentrico, trasversale, osservazionale recentemente condotto per conto del GCSDPI. Elementi caratterizzanti sono stati: a) le dimensioni del campione studiato (506 pazienti in dialisi peritoneale); b) una metodologia di esecuzione e di valutazione dell'ABPM molto rigorosa; e) la qualità dei dati forniti da ciascuno dei 27 centri partecipanti; d) il breve tempo intercorso tra l'inizio dello studio (Settembre 1995) e la consegna dei risultati elaborati ai centri partecipanti (Marzo 1996). Globalmente si è ottenuta una elevatissima percentuale (98% in media) di dati anamnestici e metabolici. L'ABPM è stato ottenuto in tutti i 506 pazienti arruolati e solo 90 "records" (17.8%) sono risultati non idonei da un punto di vista qualitativo. Inoltre l'analisi delle 416 registrazioni valide ha fornito dati interessanti in merito all' "editing" automatico dei dati documentando che nella maggior parte dei casi le letture pressorie scartate dal software sono il frutto di artefatti indotti dall'eccessivo movimento. Per quanto riguarda i risultati clinici abbiamo documentato una elevatissima prevalenza di ipertensione arteriosa (88.1%). Inoltre si è reso evidente che in ben il 79% dei pazienti trattati la terapia antiipertensiva non consentiva di raggiungere l'obiettivo della normotensione. L'analisi dei dati ABPM ha inoltre mostrato come la differenza giorno-notte dei valori di PAS e PAD segue una distribuzione unimodale. I dati forniscono alcune utili considerazioni: a) nella stima della popolazione da arruolare in uno studio che prevede l'impiego dell'ABPM è bene considerare che circa il 20% delle registrazioni ABPM potrebbero risultare non idonee per una corretta analisi; b) molti problemi di "editing" automatico dei dati possono essere evitati con il corretto montaggio di un registratore portatile clinicamente validato e fornendo al paziente informazioni dettagliate sul suo impiego; c) la prevalenza di ipertensione nei pazienti in dialisi peritoneale è maggiore di quanto ci si possa attendere; d) qualunque classificazione della condizione di "dipper" può essere considerata arbitraria. Probabilmente l'entità del carico pressorio ha un maggiore peso clinico nel paziente in dialisi peritoneale. In conclusione riteniamo che la positiva esperienza fornita dall'esecuzione di tale studio policentrico possa rappresentare la base sulla quale progettare uno studio longitudinale di "outcome". (Giorn It Nefrol 1997; 14: 109-116)

  • Valutazione cinetica dell'escrezione urinaria di alluminio e fosforo in pazienti con moderata insufficienza renale cronica (IRC) dopo carico farmacologico acuto di Al (OH)3
    B. Di lorio, A. Bruno, V. Terracciano, C. Altieri, G. Cosentino, D. Papaleo, F Smilari, M. Toma, A. Tolisano, G. Ammirati

    Gli Autori valutano le modificazioni di Al sierico (Al-s) ed urinario (Al-u) in 10 controlli (C) e 10 IRC dopo l'acuta somministrazione di 2 g di idrossido di alluminio ai tempi 0, 1,2,3,4,8,12,1 6,24 ore. Nei C, l'assorbimento di Al è rapido (1 -2 ore) e i livelli di Al-s ritornano alla norma dopo la IV ora. In IRC, l'assorbimento è protratto e Al-s presenta livelli aumentati per tutte le 24 ore. Al-u/Cr-u mostra un picco di escrezione nei C, concomitante ai tempi di Al-s aumentato, ritornando alla norma dopo la III ora. invece in IRC l'escrezione urinaria di Al inizia ad aumentare dopo I'VIII ora e persiste aumentata per tutte le 24 ore. La frazione escreta di alluminio (FE-A1) mostra, nei C, un improvviso aumento nella II ora, per poi declinare rapidamente nelle ore successive, fino al ritorno ai valori basali dopo la XII ora. In IRC, invece, vi è una riduzione di FE-AL subito dopo l'assunzione di Al(OH )3 con un progressivo aumento dopo la III ora fino al ritorno ai valori basali. Infine, l'escrezione urinaria minutata di Al, nei C, mostra un rapido incremento già dalla I ora dopo AL(OH )3 fino a valori di circa 20 volte più alti alla IV ora e ritorno ai valori basali dopo la XII ora. In IRC, invece, l'escrezione urinaria minutata di Al mostra incrementi di minore entità (solo 1.5 volte) dopo la XII ora. I dati del nostro studio dimostrano che i livelli di fosfato sierico (P-s) si riducono lievemente e senza significatività statistica dopo il carico del farmaco in IRC, mentre permangono pressoché immodificati nei C. FE-P è, già prima del carico, notevolmente aumentata in IRC rispetto a C e, dopo il carico, mostra una riduzione non significativa, in entrambi i gruppi. Infine, l'escrezione urinaria minutata di P mostra, nei C, un aumento di 1.5 volte al tempo 1 ora (statisticamente significativo: p>0.05), mentre non vi è alcuna variazione in IRC. I dati confermano le nostre precedenti esperienze: anche nelle fasi iniziali di IRC l'esposizione acuta ad Al produce accumulo dell'oligoelemento. (Giorn It Nefrol 1997; 14: 117-124)

  • Intossicazione da digitale in emodializzato: piasmaferesi ed emofiltrazione dopo trattamento con frammenti anticorpali specifici per la digoxina (FAB) (Caso clinico)
    M. Caputo, E. Coppola, F. Amaduzzi, A, Cavemi, F. Zoppi, M. Monaldi, V. Lombardo

    In un paziente emodializzato di 89 anni, affetto da intossicazione acuta da digitale, dopo somministrazione di FAB, abbiamo effettuato alcune sedute di piasmaferesi nel tentativo di allontanare i complessi FAB-digossina. Abbiamo inoltre studiato, con la tecnica della PFD, la capacità di clearance degli stessi da parte dell'emofiltrazione. Abbiamo localizzato la nostra attenzione in particolare sul tempo di eliminazione dei complessi e sul rebound della digossina libera. L'emofiltrazione ha efficacia minima, mentre la piasmaferesi allontana quantità significative di complessi FAB-digoxina solo se utilizzata in maniera intensiva, ma non si ha evidenza certa della sua capacità di modificare il decorso naturale e della clearance dei complessi stessi e la comparsa del rebound della digoxina libera. (Giorn It Nefrol 1996; 14: 125-128)

  • Aspetti etici di un progetto assistenziale e richiesta di supervisione critica. Reni angiomiolipomatosi giganti e normofunzionanti da sclerosi tuberosa di Bourneville (Caso clinico)
    C. Campieri, M. Gregorini, I. Casoni, V. Bonomini

    Una giovane di 20 anni presenta reni giganti angiomiolipomatosi da sclerosi tuberosa. Le dimensioni renali sono tali da condizionare negativamente l'autoimmagine della paziente. La funzione renale è normale. Si analizzano possibili soluzioni per rimuovere i reni giganti e si prospetta l'effettuazione di un trapianto renale. Vengono considerati i precedenti dati della letteratura e le tematiche etiche legate alle possibili scelte. Si richiede una supervisione critica quale strumento per garantire la paziente che il progetto è condiviso da autorevoli e qualificati Professionisti. (Giorn It Nefrol 1996; 14: 129-135)

  • Riunioni e Congressi

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